«Ho visto gabbie piene di bambini. Nient’altro che una prigione».
Così vengono tenuti i figli dei migranti al confine tra Texas e Messico, separati dai genitori e lasciati in delle gabbie con dei materassini e dei fogli di carta stagnola usati come coperte.
È il frutto della tolleranza zero applicata da Donald Trump contro chi cerca di entrare negli Stati Uniti.
«La struttura» – ha dichiarato un deputato democratico – accoglie 1500 ragazzi, ed è piena. Abbiamo visto bambini in gabbie chiuse con catene. Da soli. Non c’è un genitore qui. È una vergogna».
Immagini che invadono tutti i mass media del mondo e che, orrore su orrore, passano fra una massiva indifferenza e impotente rassegnazione.
Nel nostro cattolicissimo paese, si leva alta e solenne, la sola voce di Papa Francesco, sempre più solo e isolato nel combattere questa vera e propria guerra nei confronti di chi scappa dalla fame e dalla guerra, dalla desertificazione e dalla schiavitù.
Persone che scappano da tragedie, emergenze, disastri naturali, conflitti che il mondo occidentale ha creato, a cominciare dallo sfruttamento delle risorse naturali, passando per colonizzazioni, traffico di uomini e d’armi, sfruttamento e conflitti di ogni genere.
Il presidente americano non pare minimamente scalfito, anzi: va avanti deciso verso la costruzione del muro di separazione fra Messico e Stati Uniti.
I vescovi della Sardegna, nel loro ultimo documento collegiale, riaffermano vicinanza, solidarietà, prossimità a questo esodo di disperati, del quale la penosa ma raccapricciante vicenda della nave Aquarius è sola la punta emergente di un mastodontico iceberg.
Voce – quella della Chiesa – che grida nel deserto, rischiando di venire soffocata dalle urla, scomposte e sguaiate e da volgari, beceri quando non sinistri richiami a tempi e ideologie che ingenuamente speravamo sepolti per sempre.
La soluzione – anche i vescovi lo hanno sottolineato – può arrivare solo dalla politica restituita alla sua alta e nobile dimensione: quella del servizio, libero e disinteressato, al bene comune. Un appello che suona, forse, disperatamente tardivo vista la polverizzazione del tessuto cattolico nell’agone politico. La speranza è quella del granellino di senape qual è oggi il mondo cattolico nel sociale e nel politico. Minuscolo e quasi invisibile ma capace di trasformarsi in albero dalla chioma maestosa dove alla sua ombra si nidifica e si rigenera a nuova vita.
Paolo Matta