Domenica XIV Tempo Ordinario (9 Luglio 2023) – Anno A
Zac 9,9-10; Rm. 8,9.11-13; Mt 11,25-30
Spesso, noi assimiliamo la religione – e anche tutto ciò che le si riferisce – ad uno sforzo, ad un insieme di obblighi, ad una ricerca difficile, ad un lavoro. Forse questa è una delle ragioni per cui i nostri contemporanei, dopo le difficoltà e le fatiche della vita quotidiana, preferiscono cercare il loro riposo altrove. Ora, in questo Vangelo, Gesù ci propone una visione completamente diversa. Ascoltandolo, la ricerca di Dio e la vita spirituale, assumono un aspetto gioioso, riposante, quasi ludico. Si potrebbe affermare, senza esagerare, che il Signore ci invita a trascorrere un po’ di vacanza in sua compagnia.
Indubbiamente, gli scribi e i farisei che lo ascoltavano dovettero rimanere profondamente colpiti da questa presentazione della vita di fede. Non insistevano forse su mille prescrizioni una più pignola dell’altra? Non trascorrevano ore e ore ogni giorno a meditare e scrutare le Scritture? Non si sottoponevano forse ad una rude vita di ascesi e lavoro, negandosi i semplici piaceri della vita? Tutto questo era inutile? Avevano forse tribolato per niente?
Questo interrogativo dovremmo porcelo anche noi. Dopo tutto, perché cercare con costanza, scavare con attenzione, penare cercando di vivere la nostra fede, se questo non serve a nulla? D’altra parte, la vita di Gesù stesso e quella dei suoi apostoli non sono in contraddizione con quello che il Signore insegna in questo brano del Vangelo? Essi pure non hanno forse penato, sofferto e lavorato ben più di noi? Come uscire da questa impasse?
Gesù risponde al nostro interrogativo con una di quelle formule di cui ha il segreto, una formula che si prende gioco delle contraddizioni e che magari aggiunge ancora qualcosa alla confusione: «Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete riposo per la vostra vita». Gesù parla di fardello, di giogo, di disciplina, per invitarci al riposo! Anziché risolvere il paradosso, sembra piuttosto accentuarlo!
Forse Gesù ricorre a queste formule paradossali per aprirci ad un’altra prospettiva, per rendere attento il nostro spirito ad un altro modo di pensare. Chi di noi, in effetti, non ha già compreso che la facilità e il rilassamento conducono al tedio e al disgusto, quanto il rigore e una ricerca piena di orgoglio? Chi di noi non ha sperimentato nella propria carne, che la tentazione si prende gioco di colui che ha la pretesa di padroneggiare tutti gli aspetti della propria esistenza, quanto di colui che si lascia andare assoggettandosi ai propri desideri?
Il Vangelo di oggi ci prospetta, dunque, una via diversa, una via nuova che i più grandi spirituali di tutti i tempi hanno saputo mettere a profitto per aiutarci, come sant’Ignazio di Loyola, che, ai fratelli, dava questo consiglio non meno paradossale: «Fare tutto come se tutto dipendesse da noi, e rimettersi a Dio come se tutto dipendesse da lui». Il riposo non consiste nel dolce far niente, nel lasciar vivere, ma nel donare tutto accettando di tutto ricevere.
La ricerca del saggio, l’ascesi del monaco, la ricerca del credente sarebbero vane se non conducessero alla dolcezza e all’umiltà del cuore che Gesù ci insegna. Le lunghe ore di preghiera e di meditazione delle Scritture sarebbero vane se non scavassero in noi quello spazio di silenzio, di riposo e di pace in cui Dio solo può pronunciare il suo nome!
Perché il nemico del nostro riposo non è la ricerca, il lavoro, l’ascesi, ma il nostro proprio cuore che si gonfia e si irrigidisce, riconducendo a sé ciò che ha ricevuto da un altro. Solo l’umile, solo il dolce, solo il pacifico può trovare il riposo in mezzo alle preoccupazioni della vita. Lui solo può vivere in perfetta quiete, proprio mentre sembra curvarsi sotto il peso delle responsabilità e degli obblighi più opprimenti. Perché il suo riposo non è opera sua, non viene da lui, ma da Gesù che, solo, può procurarci il riposo vero.
Dom Guillaume
monaco trappista – superiore monastero Sept Fons