Troppo abituati ad ascoltare i vangeli per cogliere la straordinaria novità che ci rivelano

Domenica IV di Pasqua  – Anno C – 7 maggio 2022
Letture: At 13, 14. 43-52; Ap 7, 9. 14b-17; Gv 10, 27-30

Nelle prime due letture di questa domenica, torna l’immagine della folla, una folla numerosa, una moltitudine di uomini e di donne che sono interessati a cercare Dio. Questa moltitudine si è radunata, nella prima lettura, per ascoltare Paolo e Barnaba, venuti ad Antiochia per proclamare la buona notizia. Gli apostoli sembrano un po’ sorpresi da questo interesse, ma poi subito cercano di rispondere all’attesa del popolo. Ma dall’altro lato, ci sono quelli che non vogliono condividere la salvezza. E subito scoppia la contesa dei Giudei che non accettano che la Parola sia per tutti. Per loro, la separazione è importante e costituisce la loro identità.

Nella seconda lettura, un brano dell’Apocalisse, l’apostolo san Giovanni insiste sul fatto che la folla che vede è “una moltitudine immensa, che nessuno poteva contare, di ogni nazione, tribù, popolo e lingua”! Per lui, l’importante non è ciò che separa e divide: la nazione, la tribù, il popolo o la lingua, ma ciò che unisce, cioè l’Agnello di Dio! L’identità di questo popolo nuovo non si trova nel fatto di essere scelto, separato, di sentirsi diverso dagli altri. Per Giovanni, l’identità di questo popolo nuovo è costituita dalla relazione con l’Agnello di Dio, il Cristo Gesù.

Ed è proprio questo che ritroviamo nel vangelo di oggi. Per Gesù, l’identità cristiana non è fondata su un diritto di nascita, l’appartenenza a una razza eletta, ma sul rapporto che ognuno di noi ha con la sua persona. Per essere membro del suo popolo, bisogna ascoltare la sua voce e seguire la sua persona. Prima di Gesù, ogni popolo aveva il suo dio, la sua legge, le sue solidarietà. Dopo la venuta del Signore, dopo la sua passione e la sua risurrezione, tutti gli uomini sono diventati fratelli, figli di un unico Dio, che vuole la salvezza di tutti.

Siamo tanto abituati ad ascoltare i vangeli, che non cogliamo più la straordinaria novità di ciò che Gesù ci rivela. Siamo tutti fratelli e abbiamo tutti lo stesso Padre. Tutte le barriere, tutte le differenze e le indifferenze che cerca di coltivare il mondo, lo spirito di questo mondo, non hanno più nessun valore. Per Dio, siamo tutti i suoi figli prediletti. Il suo amore non ha frontiere e scavalca tutte le discriminazioni.

Per questo, Paolo, l’apostolo delle genti, potrà esclamare: “non ci sono più giudei nè greci, nè maestri nè schiavi, nè ricchi nè poveri, nè uomini nè donne”! Dio non fa differenze come noi. Dio ama tutti gli uomini, chiama tutti gli uomini, rispetta ogni persona. E così Dio mette in crisi tutti i nostri criteri che cercano sempre di ricreare nuove gerarchie, nuove differenze, nuove separazioni nelle nostre comunità, nel nostro mondo.

Oggi ancora, in tanti luoghi del mondo, e forse anche nel nostro proprio cuore, questo non è così chiaro, così evidente. Siamo i primi a fare delle differenze, siamo i primi a non vivere questa universalità dell’amore di Dio. Per questo motivo la Chiesa ci ricorda la dignità di ogni persona, immagine di Dio, dal concepimento alla morte. Per questo motivo, la Chiesa ci chiede di non disprezzare nessuno, di non giudicare nessuno, ma di proclamare, non con le parole, ma con il nostro atteggiamento, che Dio è il Padre Nostro, Padre di tutti i viventi!

Dom Guillaume – Cappellano Monastero Cistercense di Valserena (Pisa)
www.valserena.it

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