24ma domenica Tempo Ordinario – Anno B (16 settembre 2018) – Letture: Is 50, 5-9a; Gc 2, 14-18; Mc 8, 27-35
Pensare “secondo gli uomini” o “secondo Dio”, non è la stessa cosa. Le letture di questa Domenica ce lo dimostrano molto chiaramente!
Difatti, nella prima lettura, dal libro di Isaia, non solo il rifiuto di resistere da parte del servo del Signore, ma anche il fatto di esporre la propria vita alla violenza degli altri, non corrispondono per niente alla logica nostra. Tutti noi sappiamo molto bene che, anche se Gesù ci invita a porgere l’altra guancia, questo non è per noi del tutto naturale!
Per noi, la risposta alla violenza è molto spesso una violenza più grande!
La seconda lettura, dalla lettera di San Giacomo, sottolinea un altro aspetto di questa differenza tra questi due modi di pensare. Siamo sempre pronti a dare consigli e incoraggiamenti, perché ci costa poco. Ma dare del proprio tempo, dei propri beni, della propria amicizia, questo non è così scontato. Dobbiamo riconoscere che spesso la nostra carità sfugge l’altro con belle parole o bei pensieri. Pensiamo prima al nostro interesse, a ciò che conta per noi. Anche in questo, siamo tutti molto simili.
Ma la differenza più evidente si trova nel vangelo di oggi. Quando Gesù parla di soffrire, di essere rifiutato, di perdere la faccia davanti a quelli che contano nella società, e poi di offrire la propria vita. Allora anche i discepoli, anche Pietro si ribellano. Non possiamo accettare questa realtà che il Signore ci propone. Nessuno di noi ha il desiderio di prendere la croce e di seguire Gesù.
Come Pietro, siamo tutti pronti a rimproverare Gesù, pronti a rifiutare questo cammino che non corrisponde per niente alle aspirazioni della nostra umanità.
Con queste tre letture, abbiamo chiaramente messo in luce ciò che separa il nostro pensiero dal pensiero di Dio. E pochi fra noi sono convinti che Dio abbia ragione! E questo è del tutto sano e normale! Non possiamo pretendere di essere né più perfetti né più spirituali di questi discepoli che hanno seguito e ascoltato il Signore per tanti anni. E se diciamo il contrario, non diciamo la verità.
Nessuno tra noi può desiderare la sofferenza per sé stesso o per quelli che ama. Nessuno tra noi potrebbe seguire Gesù su questa via!
Però, non significa che questa via non sia per noi! Certo no, perché il Signore Gesù non solo l’ha detto, ma anche vi è passato. Ma dobbiamo capire bene che per passare per questa via, abbiamo bisogno, anche noi, come gli apostoli, di essere aiutati.
Il cristianesimo non è la religione della sofferenza, ma è la religione della grazia che può fare meraviglie in ognuno di noi. Sappiamo tutti che fare il bene costa molto ma spesso rende poco, in questo mondo. Sappiamo tutti che la ricerca della verità, dell’onestà e della bontà sono spesso disprezzati. Sappiamo tutti molto bene che la misericordia e il perdono sono spesso biasimati. Però, con la nostra piccola esperienza, spesso molto sofferta, possiamo intuire che c’è una ricompensa nel bene che solo colui che l’ha sperimentato può capire.
C’è una logica del bene che guarisce le ferite e sana le piaghe più profonde del cuore dell’uomo. C’è anche un “cento per uno”, in questo mondo, che permette di capire che la logica di Dio vale veramente la pena di essere vissuta, anche in questa vita.
Dom Guillaume trappista, cappellano Monastero Cistercense Valserena
(www.valserena.it)