Un martire del dialogo islamo-cristiano, ucciso in una terra di frontiera come l’isola filippina di Mindanao, dove oggi l’Isis cerca di mettere sempre nuove radici. È il profilo di padre Salvatore Carzedda, il missionario sardo del Pime di cui quest’anno ricorrono i trent’anni anni dalla morte.
Nato a Bitti, in provincia di Nuoro nel 1943, missionario nelle Filippine dal 1977, padre Carzedda fu ucciso il 20 maggio 1992 mentre in auto stava tornando da un seminario sul dialogo tenuto davanti a un gruppo misto di musulmani e cristiani per iniziativa del movimento locale Silsilah («la catena», nome simbolico che parla di un’unità più forte di ogni barriera). Allora non si parlava ancora di al Qaeda o di Califfato; lo stesso movimento di Abu Sayyaf nelle Filippine si sarebbe fatto tristemente conoscere solo negli anni successivi.
Eppure padre Carzedda, insieme al suo confratello padre Sebastiano D’Ambra, avevano capito che in una realtà attraversata da un conflitto doloroso tra cristiani e musulmani, come è appunto l’isola di Mindanao, promuovere il dialogo era l’unica strada per costruire un futuro di pace.
Quella sera del 20 maggio 1992, l’auto guidata da Battore si schianta contro un palo della luce. Non poteva essere più governata. Padre Carzedda era già morto, ucciso a colpi di pistola sparatigli da motociclisti che si erano accostati, integralisti islamici. Aveva 48 anni. Lo riportarono a Bitti a un mese esatto dalla morte, chiuso dentro una bara con il coperchio di vetro, vestito dei paramenti sacerdotali, il rosso del martirio. I funerali furono una cosa solenne, di immensa folla. La madre lo pianse con gli attitos. “M’ar ghiratu Battore/Pena manna e dolore/De gloria una parma/Dolore e pena manna“. «Dolore e grande pena riportati da una terra straniera. La gloria e la palma del martirio si intrecciano nel canto. Cosa può la gloria di fronte al dolore di una madre?»
Con una dedica straziante a quella lontana terra di missione.
“Precabi pake e calma/E sar Filippinas/Annabi ke a prima/Precabi pake e calma/Ke a prima bi anna“.
«Prega pace e calma per la Filippine. Va’, torna nuovamente alla tua missione. Come prima, come sempre».