Domenica XIX Tempo Ordinario – anno B – (8 agosto 2021)
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Letture: 1Re 19,4-8; Ef 4,30-5,2; Gv 6,41-51
Come il popolo d’Israele, che nel deserto si lamentava e rimpiangeva le pentole d’Egitto, così anche il profeta Elia era stanco di servire il Signore e desiderava morire. E come il popolo d’Israele aveva ricevuto la manna discesa dal cielo e l’acqua che sgorgava dalla roccia, così anche il profeta Elia ricevette da un angelo di Dio “una focaccia, cotta su pietre roventi, e un orcio d’acqua”. Ritroviamo più volte, anche nel vangelo di Giovanni, in diversi momenti del ministero di Gesù, queste due realtà del pane e dell’acqua. Nel brano del vangelo che abbiamo appena ascoltato, il Signore stesso sta paragonando “il pane che discende dal cielo” alla “manna” mangiata dai padri nel deserto. E altrove, con la Samaritana o negli ultimi momenti della Passione, torna anche il tema dell’acqua viva, dell’acqua che esce dal fianco del Signore crocifisso.
Nella Bibbia, il pane e l’acqua sono proprio le due cose assolutamente indispensabili per poter vivere e continuare il cammino nel deserto dell’esistenza, in mezzo alle prove e alle difficoltà. Il pane disceso dal cielo e l’acqua viva sono anche la traduzione concreta, molto reale di questa dichiarazione di Gesù che afferma: “io sono la via, la verità e la vita”. Attraverso il dono dell’eucaristia, attraverso il fiume della Parola di Dio che viene a rinfrescare la nostra mente, è la vita di Dio che ci viene trasmessa, che ci viene offerta.
Sarebbe molto interessante sviluppare tutte le sfumature di questa doppia realtà del pane e dell’acqua. Però vorrei fermarmi solo a un aspetto molto particolare di questa immagine della manna ripresa da Gesù stesso. Questo cibo misterioso aveva diverse caratteristiche nel libro dell’esodo: si doveva uscire ogni giorno per raccoglierlo, ognuno riceveva la razione necessaria, aveva il sapore di una focaccia con miele. Però la cosa più importante era forse il suo nome: la manna, che viene dalla domanda del popolo “man hu”, cioè “che cosa è?” Non solo il cibo disceso dal cielo deve essere ricercato ogni giorno, non solo è necessario per vivere e continuare il nostro cammino, ma anche rimane sempre per noi un mistero.
Così, tra l’avventura del popolo d’Israele nel deserto, tra la lunga fuga del profeta Elia davanti ai suoi nemici, e tra la nostra vocazione di pellegrini e viaggiatori in questo mondo, c’è in comune non solo l’esperienza dell’esilio e dell’avventura interiore, ma c’è anche in comune il cibo disceso dal cielo. Però il cibo che ci viene dato non garantisce solo la sopravvivenza in questo mondo, ma ci apre anche la vita eterna in Dio. Il cibo che riceviamo durante la comunione non è solo per il corpo, ma nutre anche per l’anima nostra. Perché il viaggio non è solo nei deserti di questo mondo, ma diventa soprattutto una scoperta degli spazi interiori del nostro essere.
Il mistero non solo rimane, ma aumenta ancora. Tra la manna discesa dal cielo e l’eucaristia che celebriamo, c’è una misteriosa continuità. La parola di Dio che riceviamo è veramente fiume di vita. Il pane che riceviamo alla comunione è veramente il Corpo di Cristo, fonte di vita necessaria per questo grande esodo spirituale al quale siamo tutti chiamati, seguendo Cristo nostro Signore.
Dom Guillaume, cappellano monastero trappista N.S. di Valserena (Pisa)
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