VI Domenica di Pasqua 2019 – (12 maggio)
Letture: At 15, 1-2. 22-29; Ap 21, 10-14. 22-23; Gv 14, 23-29
Per poter accogliere lo Spirito Santo, due condizioni sono necessarie, ci dice il Signore nel vangelo di oggi. La presenza dello Spirito suppone, difatti, l’accettazione dell’assenza di Gesù. Perché possa venire lo Spirito, bisogna che il Signore se ne vada e ritorni al Padre. E questo non è stato tanto facile da accettare per gli Apostoli. Per loro, la risurrezione era stata, prima di tutto, un ritorno alla situazione precedente. Hanno avuto molte difficoltà per capire che Gesù risorto era tutt’altro, anche se sempre lo stesso. Hanno scoperto solo pian piano che non si poteva tornare indietro. Prolungare ciò che avevano vissuto prima, non era più ormai possibile. Qualcosa di nuovo era necessario anche se erano incapaci di immaginarlo.
E da lì si deduce la seconda condizione per la venuta dello Spirito Santo. I discepoli hanno dovuto accettare non solo l’assenza di Gesù, ma anche l’apertura a un futuro incerto e sconosciuto. Non hanno perso solo la presenza fraterna del Maestro, ma anche la sicurezza di una vita conosciuta e amata. La venuta dello Spirito è stata, per loro, la fine di un modo di vivere e di pensare, la fine di un mondo. E questo non si è fatto facilmente. Continuare a vivere senza la presenza di Gesù era già molto difficile! Ma lasciare tutto e uscire dalla loro terra, dalle loro abitudini, per annunciare la buona notizia attraverso tutto il mondo, questo era veramente per loro qualcosa di impossibile!
Per poter accogliere lo Spirito Santo, hanno dunque dovuto perdere non solo le sicurezze esteriori, ma anche e soprattutto le certezze interiori su cui avevano costruito la loro esistenza, i loro progetti. E questo cambiamento radicale, perché toccava proprio le loro radici, non si è fatto in un giorno. Gli evangelisti ci fanno capire, nei loro racconti del tempo dopo la risurrezione, prima dell’ascensione, che i discepoli fanno fatica non solo a riconoscere il Signore, ma anche a accogliere la loro missione.
E anche quando cominciano a uscire e a proclamare la buona notizia, vediamo che ci sono ancora esitazioni di fronte all’afflusso dei pagani, come abbiamo sentito nella prima lettura dagli Atti degli Apostoli. Hanno dovuto imparare a vivere sotto l’influsso dello Spirito Santo. E la bellissima formula che conclude la prima lettura: “è parso bene, infatti, allo Spirito Santo e a noi”, sottolinea molto bene questo cammino che tutti noi dobbiamo fare, nel tempo in cui viviamo.
Difatti, ci sarà sempre, nella Chiesa, questa duplice dimensione di presenza dello Spirito Santo, ma nella fragilità e nei limiti della condizione umana. Tutte le nostre realtà cristiane, anche le più spirituali e le più pure, comportano sempre questa duplice dimensione: una realtà umana, molto umana, nella quale si rivela e si nasconde allo stesso tempo la presenza misteriosa dello Spirito di Dio, lo Spirito di Gesù! E tutto il nostro cammino personale, tutta la nostra storia, consiste nel accettare questa realtà molto ambigua, ma anche molto bella di una umanità che viene pian piano trasformata dalla potenza di Dio, dal suo amore invincibile per la nostra povera ma anche bellissima umanità!
Dom Guillaume trappista, cappellano Monastero Cistercense Valserena
(www.valserena.it