C’è il sigillo di Papa Francesco sulla santità di fra Nicola.
Colpito da una lettera arrivata da Cagliari di due sorelle, una delle quali guarita “miracolosamente” dal beato di Gesturi, dal Vaticano è partita una convocazione urgente per un colloquio privato col Santo Padre.
Da quel momento la causa di canonizzazione di frate Silenzio ha ripreso slancio e ieri si è potuta così celebrare, nella cattedrale di Cagliari, la chiusura dell’inchiesta diocesana “sul presunto secondo miracolo” attribuibile all’intercessione del beato Nicola da Gesturi.
Il Tribunale ecclesiatico ha preso posto sotto l’altare maggiore del Duomo, presidente l’arcivescovo Arrigo Miglio.
Su un tavolo i faldoni con l’intero dossier che, consegnato al vice postulatore della causa, padre Ignazio Melis, del Convento dei Cappuccini di Cagliari, adesso andrà a Roma per ottenere il visto finale dalla Congregazione dei Santi e dal Collegio dei cardinali.
Nei primi banchi, la barbe, i sai marrone e i piedi scalzi di molti confratelli di fra Nicola, alcuni testimoni diretti della sua santità, altri – più giovani – chiamati alla vita religiosa proprio dall’esemplarità di vita di fra Nicola.
«Colpisce l’attualità, la modernità di questa figura, il suo essere chiesa oggi, a cinquant’anni dal Concilio di una persona vissuta nel pre-Vaticano II», ci dice padre Tarcisio Mascia, direttore del mensile cappuccino “Voce Serafica”.
«In un’epoca contrassegnata dal chiasso», aggiunge «ecco la sua scelta del silenzio, mai però segno di chiusura ma un tacere operoso, creativo, che sapeva parlare e chiamare».
Dopo la lettura di una breve biografia di fra Nicola, è stato l’arcivescovo Miglio a dare all’evento – in sè un atto formale, una cerimonia notarile con tanto di timbri, verbali, giuramenti, sigilli di ceralacca – la sua valenza ecclesiale.
Miglio ha sottolineato come , ancora una volta, le gerarchie umane vengono smontate e rovesciate dai piani della Provvidenza divina.
«Un umile figlio di Francesco, laico, non sacerdote, questuante, come gia Ignazio da Laconi, povero, raggiunge la gloria del Paradiso, luogo dove non mancheranno presenze sorprendenti per chi giudica e ragiona secondo logiche umane e non evangeliche. Perché non siamo noi, papi o vescovi, a decidere quale posto i beati occupano nel Cielo».
Miglio, sottolineando come, attraverso la canonizzazione, fra Nicola diventerà modello per la chiesa universale, e non più solo per quella diocesana o regionale, ha puntato il dito sulla vera povertà che nel fraticello di Gesturi è stata decisiva per la sua santità. «Nel corso della storia sono sempre i poveri, in senso evangelico, a farsi carico delle povertà del mondo e a darne risoluzione».
Ora il cammino di fra Nicola prosegue a Roma. Una pratica che il Papa seguirà con cura paticolare. Perché Nicola da Gesturi è icona di quella Chiesa povera, semplice, china sugl ultimi che, da Lampedusa fino a Sarajevo, Francesco non si stanca mai di indicare come modello, strada, bussola e lampada per l’umanità.