La “Pietà” (foto di Matteo Vercelli) all’ultimo sbarco di profughi al porto di Cagliari. Due volti, due sguardi che valgono più di mille discorsi o patetici, rozzi comizi sulla questione “accoglienza ai migranti“.
Gli occhi della mamma, dignitosa e fiera del suo fagottino, sono quelli di chi ha visto la morte in faccia e ancora non crede sia possibile un futuro di serenità e di pace. Quelli di questa “mascotte” sono di chi sogna, di chi si abbandona alla felicità, si affida all’abbraccio sicuro e leale del suo salvatore.
Abbiamo tutti davanti agli occhi quelle immagini che, ormai, non ci scalfiscono più di tanto. Puntini neri fra le onde del Mediterraneo: bambini, donne, uomini che cercano di sopravvivere ma che, soprattutto, continueranno ad arrivare.
Ricacciare i migranti – ha quasi urlato Papa Francesco, la voce rotta dall’emozione e dall’orrore – è un atto di guerra, di quella Terza Guerra Mondiale che si sta combattendo, davanti ai nostri occhi, “spezzata” in una miriade di conflitti, molti dei quali silenziati all’opinione pubblica.
Ricordando i profughi Rohingya, il Papa ha detto: «Sono stati cacciati via da un Paese e da un altro e da un altro ancora… e vanno per mare. Quando arrivano in un porto o su una spiaggia danno loro un po’ d’acqua o un po’ da mangiare e li ricacciano via sul mare. Questo è un conflitto non risolto. È una guerra, questo si chiama violenza, si chiama uccidere».