CINQUE ANNI FA PAPA FRANCESCO A CAGLIARI: COSA RESTA OLTRE L’EMOZIONE?

Sono trascorsi cinque anni da quel 22 settembre 2013.
Papa Francesco aveva lasciato il Vaticano – prima di quella data – solo per il blitz a Lampedusa, per piangere, davanti a quel mare, le vittime dell’ennesima strage di migranti.
Poi la scelta di Cagliari, la prima di quelle periferie che segneranno questo scomodo e imbarazzante pontificato.
La domanda obbligata è: cosa resta di quella storica visita pastorale? fra i giovani, nel mondo del lavoro, nel clero come nel laicato impegnato?

Sicuramente ancora un’emozione ancora vividissima.
Il piccolo Falcon che atterra, il mazzolino di fiori, l’utilitaria con cui ha attraversato le strade di Cagliari, le folle oceaniche nel Largo, a Bonaria, lungo tutto il corteo.
E poi l’abbraccio a quei bambini che gli venivano offerti, quasi gettati fra le sue braccia.
Le carezze agli ammalati, salutati uno per uno.
Il discorso ai carcerati sotto le severe cupole della Cattedrale.
I canti dei giovani, le lacrime dei disoccupati…

Sono seguiti cinque anni contraddittori e problematici. Dallo scandalo sugli abusi ai minori – uno tsunami che ha travolto sacerdoti e comunità intere – alla celebrazione delle Settimane sociali e, in mezzo, una Chiesa sarda profondamente rinnovata nel suo episcopato (un’operazione che si completerà nel 2019 con l’avvicendamento nelle diocesi di Cagliari, Oristano e Nuoro) ma fiacca e stanca nelle sue organizzazioni laicali, con la crisi sempre più marcata di storiche associazioni seppure attenuata da sporadici semi di fioritura.

Anni di passaggio, di transizione ma anche di inquietanti segnali di disorientamento e confusione.
Quasi un prolungato avvento verso una ri-nascita che, sperata, ancora non si intravede.

Paolo Matta

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