1a domenica Avvento – anno A (1 dicembre)
Letture: Is 2, 1-5; Rm 13, 11-14a; Mt 24, 37-44
Le letture di questa prima domenica dell’Avvento ci ricordano un aspetto essenziale del cristianesimo, che dà alla nostra fede la sua vera originalità. Difatti, dalla prima lettura fino al vangelo, c’è questa tensione, questa attesa della venuta del Signore.
Il passato e il presente sono concepiti come preparazione, primizie di un futuro. E questa visione della storia come tensione verso Colui che viene ha delle conseguenze sul nostro modo di valutare il passato e di vivere il presente.
Difatti, per noi, il passato non è la perfezione, non è un ideale verso il quale vogliamo tornare. Questo non è mai stato una tentazione del cristianesimo, sin dai primi secoli.
Gli Apostoli, dopo l’Ascensione del Signore, non sono rimasti a guardare il cielo, aspettando il ritorno di Cristo nella gloria, ma sono stati mandati nel mondo per annunciare la Sua Risurrezione e il Suo ritorno alla fine dei tempi.
Il cristianesimo non lascia nessun posto alla nostalgia o a un ritorno indietro.
Il passato non è mai un ideale da restaurare, ma è un punto di partenza per progredire. Il progresso verso il meglio è costitutivo della fede in Cristo.
Quando Gesù fa dei segni, Egli dice che i suoi discepoli ne faranno forse anche di più grandi. Non siamo chiamati a ripetere ciò che è stato fatto, ciò che è stato detto, ma il cristiano ha una vocazione di creatività.
Riprodurre in maniera identica ciò che è sempre stato, non basta. Dio aspetta che la novità della fede diventi sempre più visibile.
Dio aspetta il nostro contributo alla costruzione di un mondo più bello.
Per questo, il presente è molto importante. È proprio nel presente, nell’attualità del quotidiano, che si prepara la venuta del Regno di Dio! Il vangelo di oggi ci ricorda non solo che dobbiamo vigilare, essere attenti, ma ci chiede soprattutto di imparare a discernere i segni del tempo in cui viviamo. E questo discernimento, non è facile. Quale è la differenza tra questi due uomini che vanno a lavorare nei campi? Quale è la differenza tra queste due donne che stanno macinando alla mola? Per un occhio esterno, non c’é differenza. Fanno lo stesso lavoro, vivono le stesse difficoltà.
La differenza non è nel fare o nell’impegno, ma nel cuore. I cristiani non sono diversi dagli altri uomini: mangiano, dormono, prendono moglie, prendono marito. Non è a questo livello che si fa il discernimento, ma al livello del cuore, al livello della vita interiore.
Il Signore Gesù lo ripete molto spesso nei vangeli, c’è un modo di vivere che chiude su se stessi, sui propri interessi, che non lascia spazio all’altro e dunque a Dio.
E c’è un modo di vivere che allarga l’orizzonte della mente, che fa rifiorire il cuore e da un gusto particolare a ogni cosa.
Il Signore non ci chiede di abbandonare tutto, ma di fare di ogni istante un momento eccezionale. Nello stesso lavoro, con le stesse persone, nelle più piccole cose della vita, l’Avvento può diventare questa luce che rivela la bellezza di ogni cosa vissuta sotto lo sguardo di Dio, nell’attesa della Sua venuta. Tutti, possiamo mettere un po’ più di gioia, un po’ più di bontà, un po’ più di attenzione, un po’ più di serenità e di amore in ciò che viviamo.
Rendere il mondo più bello, non è aldilà delle nostre forze e delle nostre capacità! Questo è il nostro Avvento!
Dom Guillaume trappista, cappellano Monastero Cistercense Valserena (Pisa)
(www.valserena.it)