Il Papa ha accettato la rinuncia al governo pastorale dell’arcidiocesi metropolitana di Sassari, presentata da padre Paolo Atzei, e ha nominato a succedergli monsignor Gian Franco Saba, del clero della diocesi di Tempio-Ampurias, parroco, già Rettore del Pontificio Seminario Regionale Sardo.
Olbiese, attuale parroco di Sant’Antonio di Gallura, la sua nomina è stata annunciata in contemporanea nelle cattedrali di Sassari e Tempio, martedì 27 giugno a mezzogiorno.
Questo il suo primo saluto alla diocesi.
Cari fratelli e care sorelle della Chiesa che è in Sassari,
«grazia a voi e pace da Dio, Padre nostro e dal Signore Gesù Cristo».
A tutti voi l’abbraccio di un fratello che Papa Francesco, nella sua paterna bontà, ha chiamato per essere tra voi pastore del gregge di Cristo, servo del Pastore dei pastori, scelto a pascere il Suo gregge con amore tenero e fermo. La grandezza del dono ricevuto è incalcolabile in rapporto alla povertà della mia persona. Perciò, pregate per me affinché lo Spirito Santo mi renda idoneo a «confortare i vostri cuori e confermarli in ogni opera e parola di bene». Sono persuaso che da entrambe le parti i nostri cuori sono colmi di sentimenti forti e profondi. Lungo il cammino in compagnia del Risorto i nostri cuori si scalderanno della luce dello Spirito ed i nostri occhi sperimenteranno la gioia di incontrare Cristo attorno alla mensa eucaristica e lungo le vie della vita, dove ci attende per essere accolto, riconosciuto, curato. Sia io che voi siamo già stati raggiunti da Cristo per interpellarci: di cosa parlate, quali sono i vostri pensieri, i vostri sentimenti e progetti? Egli ora ha mostrato il suo invito, forse inedito ed inatteso secondo le logiche umane: ho detto Sì a Cristo nella persona di Papa Francesco, lo diciamo insieme come Chiesa famiglia di Dio, popolo in cammino.
Grazie Padre Santo per la fiducia, vedo nella sua scelta il risultato di un discernimento che mi consegna lo sguardo vivo del Signore che con il suo amore «fonda» e dà «consistenza» a tutto il mio essere ed operare in vista della missione che mi affida. Nel Sì odierno, rinnovo il voglio, desidero ed è mia ferma decisione di gettare le reti sulla Parola di Cristo per collaborare con Lei ed il Collegio apostolico affinché «la gioia del Vangelo riempia la vita ed il cuore» di tanti uomini e donne del nostro tempo.
Come ci ricorda san Clemente di Roma, nel corpo di Cristo i doni sono dati per servire, poiché «in tutte le cose c’è una composizione, e l’una ha bisogno dell’altra in vista della salute del corpo intero».
Quale programma dunque? Certo questo non è il momento di progetti, ma solo quello di fissare lo sguardo in Dio e curvare l’orecchio del nostro cuore all’ascolto. Tuttavia, ho pensato di racchiudere il progetto di vita per questo nuovo Sì nelle parole tratte dal Libro sulla Santissima Trinità di Agostino: Dilectione amplectere Deum. Questa è la nostra fede, questa è la fede della Chiesa, in questa linea si aprono i larghi orizzonti di rinnovamento spirituale ed umano a cui ci guida lo Spirito Santo nell’insegnamento di Papa Francesco e dei suoi predecessori. Veramente il «Padre è misericordioso in tutto, largo di benefici e di tenerezza ed con dolcezza e amabilità, elargisce le sue grazie a quanti si accostano a Lui con pensiero semplice» (San Clemente).
L’amore di Cristo e per Cristo ci custodisca: non siamo divisi! Chiedo a Dio che nel mio abbraccio possiate sperimentare l’abbraccio di Cristo, in modo speciale coloro ai quali è negato ogni riconoscimento fondato sull’amore.
L’amore viene da Dio e conduce a Dio apre il cuore e l’intelligenza. Preghiamo sin d’ora affinché siamo servitori di una Chiesa viva, in cammino, impegnata, ricca di slancio missionario, che sappia discernere mete che siano vette. La ricca tradizione pastorale e culturale della Chiesa turritana è veramente grande. Applichiamoci per saper raccogliere l’insegnamento della nostra storia e saperlo comunicare in modo comprensibile e creativo nella vita di oggi.
Un profondo esercizio alla cura del cuore, dell’interiorità, dell’intelligenza ci eleveranno da ogni mediocrità. La Parola di Gesù ci dona la disciplina dell’impegno. L’impegno che attinge all’interiorità ci eleva e ci mostra orizzonti più larghi rispetto ad un Io chiuso in se stesso. E nei momenti di stanchezza ci dona l’energia per risalire. In alto i cuori, preghiamo nell’Eucaristia sulla scia di sant’Agostino, il quale ci ricorda che siamo «tessuti dall’alto e se siamo tessuti dall’alto è impossibile che siamo dilaniati». L’interiorità ha perciò una forza sociale rinnovatrice: spinge la nostra azione a tessere comunità solide, impegna la creatività dello spirito umano a spendersi per rinsaldare tessuti usurati e crearne di nuovi alla luce delle rinnovate voci della persona umana.
Dilectione amplectere Deum. La Chiesa turritana ha ricevuto il dono della fede cristiana tramite le vie di comunicazione marittima del Mediterraneo in epoca romana. I primi semi della fede cristiana erano custoditi all’interno di imbarcazioni che trasportavano merci, schiavi, uomini e donne appartenenti a culture e religioni differenti. Una comunicazione della fede donata spesso per contagio, per attrazione. In questo processo di comunicazione abbiamo avuto il dono della fedeltà totale a Cristo dei martiri Gavino, Proto e Gianuario, nostri patroni.
Anche oggi la capacità di abbracciare con il linguaggio dell’amore evangelico gli spazi pubblici dell’interdipendenza umana ci farà assaporare la gioia della missione, la fatica dell’apostolato e la dolcezza della prossimità alla persona umana. La via dell’amore sprigiona dinamiche inclusive, sostiene i processi di rigenerazione e conforta la dedizione piena ad accogliere la sfida culturale, educativa e spirituale.
L’azione pastorale sarà perciò cura dell’altro al plurale. Anche nella nostra terra abitiamo un terreno plurale. Il riconoscimento dell’unicità di ciascuno rende questo terreno fertile. E tutti siamo chiamati da Cristo a lavorare nel Suo campo, a lavargli i piedi nell’estraneo. L’amore per Dio e l’amore per l’umanità sono inseparabili. Contemplando il Cristo Crocifisso diverremo discepoli di un Dio che ha tanto amato il mondo da donare il Suo Figlio Unigenito. La contemplazione del Cristo Crocifisso ci dona la grazia di contemplare l’incontro (sacrum commercium) tra Dio e l’uomo. Soltanto alla scuola del Maestro impareremo insieme a forgiare strutture e soprattutto formare cuori ed intelligenze che traducono i doni della fede con lo stile dell’incontro che dice all’altro: Voglio che tu sia ciò che sei (Volo, ut sis). Il grande vescovo Agostino ci insegna che «Chi ama una cosa vuole che essa sia o che non sia. Qualunque cosa tu ami vuoi che sia, mentre non ami affatto ciò che non desideri che sia».
La pluralità fa parte della struttura umana, siamo uguali perché umani, mentre rimane indelebile il dato che nessuno è mai identico ad un altro. Apprendiamo insieme l’arte di costruire la Chiesa, ci insegna il beato Paolo VI; siamo atleti di Cristo, unti con l’olio dello Spirito per entrare nello stadio per conseguire una corona incorruttibile, per portare la fiaccola dell’amore accesa sino al giorno di Cristo Signore.
Costruire la Chiesa è perciò un’opera di fede e di amore. Nessuno può porre un fondamento diverso di quello che vi è stato posto, che è Gesù Cristo (1Cor 3, 10-12). In Lui tutto cresce ben ordinato.
Questa coscienza ci aiuterà a maturare sempre più lo spirito del discepolo missionario in formazione permanente. Già nel IV secolo san Giovanni Crisostomo esortava: «Non ti staccare mai dalla Chiesa». E Papa Francesco, in un recente discorso, ci ricorda: «La Chiesa è come un fiume, l’importante è essere dentro il fiume. Se sei al centro o più a destra o più a sinistra, ma dentro il fiume, questa è una varietà lecita».
La spiritualità inclusiva matura nel quadro di una cultura che coglie le complessità delle umane situazioni. Si spegne la paura di discendere nei vasti campi della vita umana e apre un «dialogo col mondo in cui si trova a vivere», divenendo «parola, messaggio e colloquio». Elaborare una cultura inclusiva equivale ad accogliere la sfida dei nostri tempi. Quanto più saremo capaci di ritornare alle sorgenti della sapienza della cultura umana, potremo sviluppare la «coscienza di un’origine comune, di una mutua appartenenza e di un futuro condiviso da tutti» (Laudato Si’).
Cari amici, con questi sentimenti interiori rivolgo il primo saluto a tutti voi cari fratelli e care sorelle della Chiesa turritana; siamo un popolo in cammino che attinge da Cristo la speranza e dalla prossimità gli uni verso gli altri la forza, la tenacia, la capacità di osare e di riprendere percorsi conosciuti e sperimentarne di nuovi; ricordo in particolare voi cari fratelli e sorelle toccati dalla sofferenza che portate il peso dell’assenza di lavoro, di salute, di vedere riconosciuto un posto nella società. A tutti voi che siete alla ricerca della gioia vera, di una voce amica che sostenga la solitudine e gli affanni della vita.
Saluto i fratelli e le sorelle appartenenti ad altre confessioni cristiane e fedi religiose, in particolare quanti non hanno spazi di personale e pubblica dignità. Un saluto cordiale e deferente alle autorità pubbliche, civili, militari, scolastiche e accademiche. Tendiamoci la mano gli uni gli altri per servire l’uomo, per promuovere un rinnovato umanesimo fondato sulla cultura dell’incontro. La dimensione spirituale e teologica dell’abbraccio nella carità si traduce in progetti concreti che favoriscono la cultura dell’accoglienza a partire dagli ambiti più ordinari della vita pubblica e sociale. La contrapposizione piccolo e grande non appartiene ad una pastorale che scaturisce dalle viscere del Dio delle misericordie.
A voi, cari fratelli sacerdoti e diaconi, il mio abbraccio fraterno: ci unisca la serena concordia, la solidarietà fraterna, la stima ed il perdono, la comprensione cordiale e la correzione discreta. Pregate per me affinché possa essere per voi padre, fratello ed amico. Tanti tra voi già li ricordo come ex alunni. Ai seminaristi e ai formatori un saluto di speciale simpatia: più che mai siete il segno visibile del dono luminoso della generosità d’animo delle forze giovani. Tutti i membri della Chiesa, religiosi e religiose, gruppi, associazioni, movimenti sentite sin d’ora la mia stima e la forza dell’incoraggiamento perché possa risplendere la luce di Cristo e la gioia del Vangelo nel villaggio globale della vita.
Carissimo padre Paolo,
non avrei mai immaginato di succederle nella cattedra di san Nicola. La ringrazio per il grande lavoro apostolico profuso. Un terreno dissodato dalla sua tenacia ed infaticabile dedizione apostolica. Mi ha ordinato presbitero, da subito mi ha posto davanti servizi pastorali esigenti e belli; ha sostenuto le intuizioni della giovinezza e certamente perdonato anche le insufficienze degli sprint giovanili. Abbiamo collaborato nella diocesi di Tempio-Ampurias gomito a gomito per tanti anni, soprattutto nel campo della formazione dei laici e delle vocazioni sacerdotali. Come non vedere in questo rinnovato incontro un disegno della Provvidenza di Dio.
Una confidenza. Per quest’estate avevo già programmato un mese di ministero al Cairo con i Padri domenicani di Parigi presso il contesto musulmano. Una telefonata ha cambiato tutto! In questi anni diventava sempre più forte il pensiero di poter donare le attuali energie per il dialogo islamo-cristiano. Le chiedo la cortesia di pregare per me e di invitare la Chiesa diocesana ad accompagnarmi in questi mesi di preparazione alla consacrazione episcopale e all’ingresso in diocesi.
Un saluto deferente a S.E. Mons. Pietro Meloni, mio vescovo negli anni del Liceo e della Teologia. Grazie per avermi introdotto nel ministero con l’ordinazione diaconale e aver dato il placet per l’inizio degli studi in scienze patristiche mentre svolgeva il ruolo di Amministratore apostolico della mia diocesi da Nuoro nel 1992.
Infine, ma certo non perché ultimo, a Lei Eccellenza Mons. Sanguinetti, un saluto pieno di emozione. In questi anni abbiamo condiviso tante gioie e tante fatiche apostoliche. Ci lega un’umana simpatia dai tempi in cui era vescovo di Ozieri. Come mio vescovo, quanto allora era espressione di un rapporto meno ravvicinato ed interpersonale, progressivamente la nostra relazione sacerdotale è divenuta una delle più belle opere edificate in Cristo. La scelta, personale e sentita, di chiederLe la presidenza dell’Eucaristia nella quale riceverò la consacrazione episcopale, suggella tutto il nostro rapporto. Grazie perché come capitàno acuto ed attento ha saputo orientarmi nelle navigazioni dei servizi pastorali lungo l’ultimo decennio. Ora la fraternità diventa ancor più solida e fondata nella comune missione.
Per la Chiesa diocesana delle mie origini, Tempio-Ampurias, imploro da Dio che continui ad adornarla di doni nello Spirito, affinché possa rifulgere la luce di Cristo sul suo volto. È stata grembo materno che mi ha generato alla fede, mi ha coltivato, in essa Cristo mi ha chiamato al ministero. Per tutti prego ed a tutti chiedo scusa se qualcuno sentisse nel suo cuore amarezze derivanti dai miei limiti. In modo speciale, ai confratelli un grazie affettuoso per la simpatia e l’amicizia.
La mia famiglia di origine. Non siete gli ultimi. Da voi ho ricevuto tanto. Qui c’è mio babbo Giovanni, benedetto da Dio con il dono degli anni. Mamma Caterina, in paradiso da non tanto tempo, è presente e mi piace ricordarla come appare in una mia foto da bambino: tiene la sua mano sul mio capo, si vedono soltanto le sue dita, Lei scompare. Così sono stati i miei genitori per me: mi avete sostenuto nella discrezione attiva. Ai miei fratelli, cognate e nipoti il grazie per la gioia della serena fraternità che ci accomuna. Con il santo Giovanni XXIII posso dirvi che serbo nel cuore quanto ho imparato nella casa natale. Valori che poi non ho più ritrovato neppure nei tanti libri letti durante gli studi. I santi Simplicio e Antonio Abate accompagnino e benedicano questo nuovo cammino.
In ascolto del magistero di Papa Francesco, invito umilmente il popolo di Dio, insieme ai presbiteri, ai religiosi e alle religiose, a vivere questo tempo di preparazione con la preghiera.
Donami Padre tenerissimo un cuore trafitto dall’amore del Signore, un cuore rivolto a Dio ed ai fratelli.
Donami un cuore saldo, avvinto dallo Spirito Santo, aperto e disponibile ai fratelli, donami un cuore che cerca, donami un cuore che include e quando interviene per correggere il gregge che gli mi è stato affidato, non abbia il sapore del disprezzo dell’altro me il profumo della cura dell’altro.
Donami un cuore pronto a sporcare le mani per una Chiesa in uscita, un cuore che gioisce perché scopre l’altezza dell’amore che sa gioire per gli altri, con gli altri.
Donami un cuore che si lasci interpellare dall’estraneo e dallo sconosciuto.
Maria, Madonna delle grazie, venerata nella diocesi di Sassari sotto diversi titoli, tu che hai sperimentato le gioie e le sofferenze dell’amore, sostienimi insieme al popolo turritano che Tuo Figlio Gesù mi affida.
I santi patroni Gavino, Proto e Gianuario, Nicola, titolare della Chiesa Cattedrale, i beati Francesco Zirano ed Elisabetta Sanna, i servi di Dio Giovanni Battista Manzella e Maria Paola Muzzeddu, siano nostri fratelli ed intercessori nell’annuncio del Vangelo. Amen.
Da Tempio Pausania, 27 giugno 2017
Mons. Gian Franco Saba
Arcivescovo eletto di Sassari