DOMENICA II TEMPO ORDINARIO – ANNO C (20 gennaio 2019) – Letture: Is 62,1-5; 1 Cor 12,4-11; Gv 2,1-11
San Giovanni ci dice che questo miracolo delle nozze di Cana fu l’inizio dei segno compiuti da Gesù. Il contesto di questo primo segno è dunque molto significativo per noi. Come tutte le nozze, il matrimonio di questi due giovani di Cana era un momento molto importante della loro esistenza personale, perché era l’inizio della fondazione di una nuova famiglia, ma anche della loro vita sociale, perché il matrimonio inserisce nella società e fa passare alla vita adulta. Possiamo allora capire il motivo dell’intervento di Maria. Questo momento così importante al livello personale e sociale poteva diventare un dramma per queste due persone. Non avevano abbastanza vino. Certamente non avevano soldi per comprarne di più. La loro povertà poteva essere così esposta agli occhi di tutti. La gioia del matrimonio si sarebbe trasformata in fonte di amarezza e di vergogna. Maria aveva capito questo.
Possiamo capire la domanda di Maria in questo senso: vuole evitare che la festa si trasformi in tristezza. Non voleva che la tristezza dell’unione di Adamo e Eva continuasse nelle famiglie umane. L’intervento di Maria e il miracolo di Gesù hanno proprio questo scopo: rendere la gioia all’umanità! E questo ci da una chiave molto importante per capire il senso della missione di Gesù in questo mondo. Il Signore è venuto tra noi, in mezzo a noi, per rendere gioia e speranza ai poveri, per liberare i prigionieri, per salvare e guarire quelli che soffrono. Quando Gesù trasforma l’acqua in vino, rende sapore alle cose semplici della vita. Toglie la tristezza e l’umiliazione dei poveri, rende la gioia di essere salvati.
Questo modo di cominciare la sua missione di Salvatore ci insegna il senso profondo della Salvezza. In un mondo molto difficile e spesso crudele, Gesù non viene aggiungere esigenze e critiche. Ma, pieno di compassione per la nostra miseria e la nostra fragilità, esercita la sua misericordia e manifesta la bontà del Padre suo. Nel disordine del nostro mondo, dove regnano l’ingiustizia, la violenza e la superbia, Gesù rimette un po’ di umanità. Il Figlio di Dio è venuto per insegnarci a diventare veramente umani. Perché Dio solo sa cosa significa essere umano. Gli uomini l’hanno troppo spesso dimenticato!
Il cristianesimo non chiede niente di straordinario, niente di speciale. Ci chiede prima di tutto di rimettere della gioia, della speranza e dell’umanità nella vita quotidiana. Nel vangelo di oggi, l’attenzione piena di tenerezza di Maria, la bontà serena di Gesù ci ricordano che Dio vuole rendere al suo popolo la gioia di essere salvato. Questo è l’inizio dei segni perché è l’inizio di ogni cammino cristiano, quando è autentico. Quando abbiamo scoperto la gioia e semplice della vita con Dio, allora possiamo riconoscere tutto ciò che, nella nostra esistenza, resiste alla Sua gioia. Cosa è difatti il peccato: il rifiuto della gioia e della misericordia di Dio. Il volere fare da soli, pieni di superbia e di durezza. Nel primo segno di Cana, il Signore vuole insegnarci a diventare più umani, semplicemente umani, attenti ai bisogni e alle difficoltà degli altri. Gesù non proclama la Parola di Dio, ma fa il bene.
E la bontà di Dio trasforma le lacrime di tristezza in lacrime di gioia.
Dom Guillaume trappista, cappellano Monastero Cistercense Valserena
(www.valserena.it)