È il trentaduesimo suicidio in un carcere italiano dall’inizio dell’anno: 29 i detenuti che si sono tolti la vita, tre le guardie carcerarie.
L’ultimo, in ordine di tempo, nel carcere cagliaritano di Uta. Che segue di qualche giorno il suicidio di un detenuto 52enne nel carcere sassarese di Bancali.
Massimiliano Pinna aveva 32 anni: aveva trascorso appena una notte dietro le sbarre, alla seconda si è impiccato. Trovato alla guida di un’auto risultata rubata, fermato da una pattuglia, aveva tentato la fuga a piedi, ma era stato di nuovo bloccato. Scattato l’arresto, era finito dietro le sbarre a Uta.
Una tragedia che ripropone con forza il tema della carcerazione e della situazione di vita all’interno degli istituti di pena.
«È ormai una strage ingravescente che sembra non avere più alcun controllo né fine» afferma la garante Irene Testa. Come conferma Gennarino De Fazio, segretario della Uilpa: «L’ennesima morte per impiccagione certifica, di fatto, come nelle nostre carceri si vada incontro a una pena di morte di fatto. Una crisi inarrestabile se non si arginerà con interventi immediati e d’impatto che prendano atto di un’emergenza senza precedenti, a guardare il numero record di coloro che si tolgono la vita».
Attualmente il sovraffollamento nelle carceri si traduce in 14mila detenuti oltre i posti regolamentari. A fronte di tutto ciò, alla Polizia Penitenziaria mancano 18mila . Un dato che si somma alle croniche deficienze strutturali, d’equipaggiamento e organizzative «non più fronteggiabili con azioni ordinarie», sostiene il sindacato.