CITTÀ DEL VATICANO. Quarantotto ore dopo essere stato condannato dal Tribunale Vaticano a cinque anni e sei mesi di reclusione con interdizione perpetua dai pubblici uffici (più 8mila euro di multa), il cardinale Giovanni Angelo Becciu va in tv per «gridare al mondo» la sua «innocenza».
Si dice «costernato» per la sentenza. «Credo e spero che il Papa creda in me». Assicura che «nessuno mi ha parlato dei rischi» relativi all’investimento del palazzo di Londra. E sui soldi dati a Cecilia Marogna «per liberare una suora» colombiana sequestrata in Mali garantisce: «Il Pontefice era d’accordo». Il porporato sardo, ex potentissimo numero tre della Santa Sede, lo afferma a «Cinque minuti», la trasmissione di Bruno Vespa in onda ieri sera su Rai 1.
L’ex sostituto per gli Affari generali della Segreteria di Stato ed ex prefetto per le Cause dei Santi è stato riconosciuto colpevole di due peculati – per l’investimento iniziale nell’immobile di Sloane Avenue e per i 125mila euro inviati alla cooperativa Spes di Ozieri del fratello Antonino – e una truffa aggravata in concorso con Marogna.
Becciu dice a Vespa: «Essere condannati non è bello, ho sentito su di me il peso di me stesso, della mia famiglia e anche della Chiesa, un cardinale a essere condannato…». Alla domanda se il Papa creda nella sua innocenza, risponde: «Io credo di sì e spero di sì. E comunque io mi darò da fare, è certo, per dimostrare la mia innocenza. Nelle istanze giuridiche e in tutte le maniere io voglio gridare al mondo che non ho fatto assolutamente questi reati di cui vengo accusato».
Comprare palazzi è «nella tradizione della Santa Sede», tiene a precisare. Poi spiega che responsabile dei dossier era il capo dell’ufficio amministrazione: «Non sono io che ho scelto. Io, da Sostituto, sa quanti uffici dovevo seguire? Diciassette uffici». Perciò non aveva «tempo di seguire passo per passo le questioni economico-finanziarie. L’ufficio amministrativo si occupava delle questioni amministrative e anche degli investimenti», e «il capo ufficio, che è il vero responsabile dell’amministrazione, a quei tempi era monsignor Perlasca. Mi presentava i vari dossier. Tra questi il dossier sulla opportunità di investire in un palazzo, quello di Londra». E sarebbero stati i suoi «tecnici» a dirgli «che era possibile farlo, che ne veniva fuori un grande vantaggio per la Santa Sede, non mi presentavano grossi rischi, inoltre la persona era garantita dalla stessa banca».
Altra questione: i 570mila euro mandati a Cecilia Marogna e finiti in beni personali di lusso. Il prelato si difende: «Questo non lo sapevo assolutamente e se avessi saputo non l’avrei permesso. Questi soldi dovevano essere destinati solo all’operazione di liberazione della suora. Con il Papa eravamo d’accordo di finanziare questa operazione. Se qualcosa è andato storto, lo deve scoprire chi lo deve scoprire».
Infine, parlando delle somme destinate alla Caritas di Ozieri per la cooperativa il cui titolare è il fratello dello stesso cardinale, Becciu sostiene che «è il vescovo», quindi non lui, «che decide dove utilizzarli. Io ho inviato prima 25mila euro, su richiesta del vescovo di allora, monsignor Sanguinetti, al fondo Caritas, e poi 100mila nel 2018. Finora quei 100mila non sono ancora stati utilizzati».
Domenico Agasso
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