III domenica di AVVENTO – Anno A – 11 dicembre 2022 (Letture: Is 35, 1-6a; Gc 5, 7-10; Mt 11, 2-11)
La cosa più inquietante e commovente della vocazione di Giovanni Battista è che egli non riconosce colui che aveva annunciato per tutta la vita. Paradossalmente, egli dubita di colui che per tanti anni aveva preparato e atteso la venuta. Gesù infatti non assomiglia all’immagine che si era fatto. Aspettava un Messia giustiziere, potente, inflessibile. Ed ecco che si trova di fronte a un uomo «che mangia con i pubblicani e i peccatori»! Gesù non corrisponde alla sua attesa! Questo è il dramma di Giovanni Battista.
Un dramma che si ripete nel corso della storia. Come se il malinteso, tra l’attesa febbrile degli uomini e la Rivelazione di Dio, dovesse continuare, fino alla fine dei tempi. La stragrande maggioranza dei nostri contemporanei sarebbe pronta a credere, se Dio si mettesse finalmente a rispondere alle loro attese, ai loro desideri. E osiamo riconoscere che anche noi abbiamo difficoltà a capire questo Dio che si accomoda con tante sofferenze inutili, tanti odi, tante menzogne.
Per noi, come per Giovanni Battista, Dio rimane un mistero incomprensibile. Anche se non abbiamo vocazione a vivere nel deserto, a proclamare il suo Regno, a convertire e battezzare, resta vero che il cammino di Giovanni Battista è anche il nostro. Non potremo evitare, un giorno o l’altro, lo smarrimento e la solitudine di Giovanni, solo nella sua prigione, assalito dal dubbio e lasciando fluire la domanda che gli brucia il cuore: «Tu sei colui che deve venire, o dobbiamo aspettarne un altro? »
Perché è evidente che il Regno che Gesù ci propone, non ci attrae, anzi ci fa paura. Chi di noi sceglierebbe volontariamente le lacrime, la povertà, la solitudine, la persecuzione? Chi di noi finirebbe per dubitare che Dio è là dove tutto sembra perduto, fragile, inutile? Che ci piaccia o no, qualunque sia la forza della nostra convinzione, del nostro impegno, del nostro desiderio di seguirlo, c’è un momento in cui il nostro cuore sarà messo a nudo, come quello di Giovanni Battista.
Ma il dubbio non è l’opposto della fede! Al contrario, è, per la fede, il passaggio obbligato, la porta stretta e stretta, attraverso la quale potremo passare solo una volta abbandonate tutte queste certezze e idee, che così spesso ci servono da guscio. Questo cammino di spogliazione, attraverso il quale Giovanni Battista è invitato a passare, è anche il nostro.
Ma questo cammino è stato aperto prima da Gesù stesso. Perché la venuta nella carne del Verbo di Dio, del Figlio Unigenito del Padre, in questo bambino che giace in un presepe, in un villaggio perduto della Giudea, non assomiglia affatto a ciò che potremmo immaginare o concepire. Le vie di Dio non sono le nostre. E questo è così vero che i Profeti stessi, quelli che Dio ha incaricato di annunciarlo, spesso non hanno capito nulla di ciò che proclamavano.
Come Giovanni Battista, come tutti i Profeti che avevano annunciato la venuta del Messia, prima di lui siamo invitati anche noi, a nostra volta, a rinunciare alle nostre rappresentazioni, ai nostri desideri, alle nostre rivendicazioni, per accogliere Gesù, il bambino di Betlemme. Tuttavia, invitandoci a questo salto nell’ignoto della fede, la Chiesa ci fa una promessa! Infatti, l’orazione di questo giorno ci assicura che, se osiamo questo cammino della fede, potremo gustare, fin da quaggiù, questo assaggio della gioia di Dio, che supera ogni gioia!
Dom Guillaume – monaco trappista
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