Domenica 29ma Tempo Ordinario – Anno C – 16 ottobre 2022
Letture: Es 17, 8-13; Tim 3, 14- 4, 2; Lc 18, 1-8
«Il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?». La domanda con cui Gesù conclude questa parabola ci indica che esiste un legame stretto tra la fede e la perseveranza nella preghiera. Ma Gesù va anche oltre, perché fa della testardaggine di quella vedova che non smette di importunare quel giudice iniquo il modello della fede alla quale invita ogni suo discepolo.
Eppure, la preghiera perseverante di quella vedova ha qualcosa di inspiegabile e addirittura di pericoloso. In effetti, la costanza di quella donna non può appoggiarsi su nulla di solido. Di fronte a lei c’è prima di tutto quel giudice cinico, di cui Gesù ci traccia un ritratto senza concessioni. E questo giudice si vanta di non temere nessuno, né Dio né gli uomini. La parabola non lascia sperare da parte sua alcun gesto di bontà e di compassione. Il suo cuore, completamente indurito, sembra totalmente inaccessibile a qualsiasi gesto di umanità. La vedova non ha quindi nulla da aspettarsi da lui.
D’altra parte, la vedova non ha nulla da offrire per comperare la clemenza del giudice. In effetti, si può immaginare che egli faccia parte di quella razza di uomini dai quali non si ottiene nulla senza un qualche compenso. Ma Gesù ha scelto di mettere in scena una vedova proprio per sottolineare l’indigenza di colei che chiede giustizia. La vedova non può dunque toccare e nemmeno comperare la coscienza di quel giudice: si ritrova a mani vuote.
Ed è proprio questa la sua forza. Non ha più nulla da perdere, ed è libera da quel timore, da quella timidezza che, così spesso, ci fanno indietreggiare, ci impediscono di chiedere. La sua unica arma, ormai, è la preghiera; una preghiera che non trova la sua forza nella bontà di colui al quale la vedova si rivolge e nemmeno in quello che essa potrebbe dare in cambio. Attraverso la propria povertà, ha finalmente scoperto la vera potenza della preghiera, una preghiera che finirà per vincere il più intrattabile dei giudici.
Attraverso la parabola della preghiera della vedova, Gesù ci svela, in effetti, il mistero della preghiera autentica, il mistero della sua stessa preghiera. Ai discepoli affascinati che gli avevano chiesto di insegnare loro a pregare come lui, Gesù ha rivelato, poco a poco, il lungo percorso della preghiera. Questo percorso, se passa attraverso gli incontri solitari nel silenzio della notte, se fa sosta, per un solo istante, sulle alture luminose del Tabor, finisce sempre per passare attraverso l’orto degli Ulivi e il monte Calvario, e perdersi negli abissi della fede. Perché è lì, nelle lacrime di sangue e un grande grido, che la preghiera è finalmente disarmata.
Questa preghiera disarmata che persevera nella notte, questa preghiera che non ha più nulla da aspettarsi, più nulla da offrire, più nulla da difendere, è, in effetti, la preghiera della fede nuda. Una fede che può trasportare le montagne e risuscitare i morti, una fede che può cambiare il mondo perché ha accettato la propria impotenza e non ha più paura.
Dom Guillaume – monaco trappista
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