Era l’angelo custode di tutti i carcerati, quella mamma che, in tanti, avrebbero voluto avere. Prima a Buoncammino, poi a Uta nella nuova struttura, per lei non c’erano sbarre o controlli perché quei corridoi, quelle celle erano diventate la sua seconda casa, tutta la sua vita.
Suor Angela Niccoli, religiosa delle Figlie della Carità, era, prima di tutto, una “presenza”, rassicurante e affettuosa. Quell’opera di misericordia corporale “ero in carcere e siete venuti a trovarmi”, lei ce l’aveva tatuata sulla pelle e sull’abito religioso.
Avrebbe compiuto 95 anni il prossimo 23 giugno. Nata a San Giorgio Piacentino nel 1927, suor Angela arrivò in Sardegna nel 1954 per non lasciarla più. Dapprima superiora nella Casa di Riposo di viale sant’Ignazio, dal 1989 è nel carcere cagliaritano di Buoncammino per una donazione senza limiti verso tutti gli ospiti del penitenziario, diventando una vera “istituzione” non solo per gli ospiti del penitenziario ma anche per tutti gli operatori penitenziari, a partire dagli agenti e dagli educatori.
Due occhi di un celeste che parlava di cielo e un perenne, dolcissimo sorriso: sulla sua bocca mai una parola di condanna, mai un giudizio, sempre la ricerca della soluzione anche se il problema sembrava umanamente insormontabile. «Non c’è persona che non abbia amato suor Angela per la sua umiltà e grandezza di cuore, una religiosa in cui risiedeva ed era visibile l’amore per il prossimo», dice Maria Grazia Caligaris, fondatrice dell’Associazione “Socialismo Diritti Riforme” che nel 2012 assegnò alla religiosa la prima edizione del premio “Solidarietà Donna”. In quella occasione il direttore del carcere, Gianfranco Pala, ebbe a dire: «Aldilà di qualunque retorica, non c’è un’altra persona che meriti un premio di solidarietà al pari di suor Angela. Oltre all’umiltà, alla caparbietà e determinazione con cui quotidianamente vive l’esperienza dentro Buoncammino, ha la pazienza di ascoltare e soccorrere non solo chi non ha mezzi materiali ma soprattutto chi non ha famiglia, parenti, affetti. Chi è solo. Questo la rende unica e meritevole di ammirazione».
«Se n’è andata in una settimana. Ha lavorato con noi fino all’altro giorno», dicono in coro le sue consorelle, «pensando sino all’ultimo istante sempre e solo ai poveri». Suor Rina Prevosto, che l’ha sostituita nel servizio ai carcerati, non fa che ripetere: «I detenuti e le detenute mi chiedevano sempre e solo di lei. Anziché salutarmi con il buongiorno mi dicevano: “E suor Angela come sta?”».
Paolo Matta