È possibile che, passeggiando alla sera nelle stradine di Villanova, il silenzio del rione sia rotto da melodie, eseguite immancabilmente “a cappella” (senza l’ausilio di strumenti musicali) che rimandano a secolari tradizioni popolari che la pandemia ha – solo provvisoriamente – costretto al rango di nostalgico ricordo.
Nella piccola chiesa di san Giovanni, riprendono le prove dei bianchi cantori, “massa” (così viene storicamente chiamata), formata da bambini (le “voci bianche”), adulti e anziani che anima le commoventi e drammatiche processioni della Settimana santa, su tutte quella del Cristo morto al pomeriggio e alla sera del Venerdì santo.
Un segnale di speranza che, vista anche la Pasqua “bassa”, cioè lontana e spostata oltre la metà di aprile (quest’anno cade il 17), si possa tornare, magari in forme non ancora del tutto “pre-Covid”, a un quanto mai atteso ritorno alla normalità, anche sotto questo aspetto.
Nei parroci, soprattutto dei centri storici, la possibilità di celebrare la piccola processione alla domenica delle Palme, il ritorno alla Messa in coena Domini, la sera del Giovedì santo con il rito della Lavanda dei piedi, la “Via crucis” il Venerdì santo.
Spingendoci oltre, potrebbero tornare per le strade le processioni pasquali de S’Incontru, anch’esse sospese da due anni, la salita in Cattedrale di Sant’Efisio al Lunedì di Pasqua e – perché no? – la stessa grandiosa festa di Maggio, fra Cagliari e Nora, per la edizione 366 della Processione votiva di Sant’Efisio, mettendo definitivamente in archivio l’austero “trasporto tecnico” del Santo su un mezzo militare.
Tutto è legato all’andamento della curva dei contagi, ovunque in calo, ma in Sardegna – inspiegabilmente – in controtendenza. «Occorre un supplemento di miracolo… Sant’Efisio, ancora una volta, pensaci tu», è la preghiera di un confratello. Fatta subito propria da tutti i fedeli cagliaritani.