Pentecoste, l’opera silenziosa e nascosta dello Spirito Santo

Solennità della Pentecoste – anno B  – (23 maggio 2021)

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Letture: At 2, 1-11; Gal 5,16-25; Gv 15, 26-27. 16,12-15

Nella liturgia di questo giorno, troviamo almeno tre aspetti della presenza dello Spirito nei racconti della Pentecoste. Il primo aspetto, sottolineato soprattutto negli Atti degli Apostoli, è l’aspetto visibile, straordinario, esteriore. Ci sono delle lingue di fuoco, un fragore nel cielo e un vento forte, i discepoli parlano in altre lingue e tutti capiscono. Poi c’è l’aspetto più personale: i discepoli possono sviluppare i doni dello Spirito nella propria esistenza e abbandonare il loro antico modo di essere. E poi, c’è il lato più profondo, più interiore e più nascosto, sviluppato dal vangelo di Giovanni, per cui l’opera dello Spirito Santo è rivelazione della verità, cioè della vita di Dio stesso, una rivelazione che diventa testimonianza per il mondo.

A seconda della nostra sensibilità, della nostra esperienza, saremo più o meno sensibili all’uno o l’altro aspetto della manifestazione dello Spirito. È sempre lo stesso Spirito, ma Egli si manifesta per la nostra crescita e il nostro bene. Quando abbiamo bisogno di esperienze sensibili più forti, più evidenti, lo Spirito diventa per noi dono di gioia, di entusiasmo, di serenità interiore, anche nelle prove. Certo, oggi non si sentono forse più tuoni e non si vedono più lingue di fuoco, ma ci sono ancora nella Chiesa questi grandi momenti di entusiasmo e di esultanza.

Però, questo tipo di esperienza, di solito, non dura. Col passare del tempo, la dimensione esteriore lascia il posto a una dimensione più nascosta di trasformazione e di guarigione interiore. Ciò che diventa allora più importante, non è più quello che si sente, quello che tocca la nostra sensibilità, ma è piuttosto la trasformazione progressiva della vita interiore. Pero questo cambiamento suppone non tanto di acquisire, ma piuttosto di perdere. Lo Spirito scava in noi lo spazio per poter accogliere la grazia di Dio. Dopo la gioia esuberante e l’entusiasmo, questo momento è invece un tempo di scarsità e di povertà interiore. Lo Spirito di Dio ci fa sperimentare il deserto, ciò che a noi manca, ciò che non sappiamo e non viviamo.

Difatti, la scoperta della verità ci fa vedere meglio tutto ciò che è troppo superficiale, doppio e falso nel nostro essere. La presenza dello Spirito non è più sinonimo di esuberanza e di entusiasmo, ma diventa allora capacità di vedere sempre meglio ciò che non va in noi e nel mondo che ci circonda. Questa presenza dello Spirito ci aiuta a vedere ciò che nessuno vede, cioè ciò che i Padri della Chiesa chiamavano i semi del Verbo già presenti in ogni realtà e in ogni persona. La verità diventa speranza profetica. Si vede ciò che non è ancora, perché la presenza nascosta di Dio nel mondo si scopre ai nostri occhi.

Questo lavoro di purificazione e di guarigione interiore, lo Spirito Santo lo fa perché possiamo raggiungere lo stato dell’uomo spirituale promesso dal Signore Risorto a ognuno di noi. Per entrare nella vita di Dio, questa trasformazione è assolutamente necessaria, ma non dipende da noi. Lo Spirito lavora senza che ce ne accorgiamo. Non sentiamo niente, e forse abbiamo l’impressione di vivere nell’abitudine e nel buio, ma lo Spirito ci scolpisce e ci guarisce nel più profondo del  cuore, là dove Egli dimora col Padre e il Figlio.

Dom Guillaume, cappellano monastero trappista N.S. di Valserena (Pisa)

www.valserena.it

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