Alcune settimane in “zona bianca” avevano alimentato desideri e speranze.
Il giorno di san Giuseppe, 19 marzo, come impone la tradizione, il “corpo scelto” dei confratelli aveva eletto il Terzo Guardiano, dopo un anno di vuoto, perché nel 2020 si era in pieno lockdown.
Poi la retrocessione in zona arancione ha richiamato tutti, Arciconfraternita di Sant’Efisio in primis, a fare i conti con la realtà.
Niente cocchio e giogo di buoi (come si ipotizzava, almeno per il percorso cittadino sino alla Semoleria di viale La Playa), niente scorta di confratelli e consorelle, neanche una minuta rappresentanza di alcuni gruppi in abito tradizionale e di suonatori.
Sarà, come l’anno scorso, un trasporto tecnico (per usare il freddo linguaggio del burocratese) con il Santo sistemato in un mezzo dell’Esercito che, veloce e senza soste, lo condurrà dalla piccola piazza di Stampace alla sua chiesa di Nora. Qui il solenne pontificale votivo, presieduto come lo scorso anno dall’arcivescovo di Cagliari Giuseppe Baturi, quindi l’immediato ritorno a Cagliari, nella sua chiesa, per sigillare con le dichiarazioni di rito all’Alternos e al rappresentante del Capitolo Metropolitano l’avvenuto scioglimento del Voto per la 365ma volta, senza alcuna interruzione.
«La chiesa, contrariamente a quanto avvenuto lo scorso anno», ha dichiarato il presidente dell’Arciconfraternita del Gonfalone, Giancarlo Sanna, «resterà aperta per tutti i giorni dei festeggiamenti dando così l’opportunità ai fedeli di rendere omaggio al Patrono, ferme restando le disposizioni sanitarie imposte dalle autorità».
Ma sarà anche quest’anno un Sant’Efisio austero, sobrio, essenziale.
«Un vero e alto momento di fede di tutte le genti sarde al loro Potente intercessore», ha più volte ribadito l’arcivescovo Baturi.
E da qui bisognerà ripartire, quando cambieranno i colori della pandemia e torneranno quelli della Festa più amata dai sardi.