Beatificata sette anni fa davanti alla spettacolare Basilica di Saccargia, nella nativa Codrongianos, Elisabetta Sanna fa parte, con Maria Gabriella Sagheddu, Antonia Mesina, Giuseppina Nicoli, Maria Cristina di Savoia ed Edvige Carboni, del piccolo esercito di “donne beate” (fra Nicola da Gesturi e padre Francesco Zirano i due soli uomini) che la Sardegna vanta in questo singolare elenco.
Nata a Codrongianos il 23 aprile 1788, ad appena tre mesi è colpita dal vaiolo che le lascerà le braccia e le articolazioni alquanto irrigidite. Ciò non le impedisce di crescere, imparando a sopportare il suo handicap, come cosa naturale e a sbrigare al meglio le faccende domestiche, a presentarsi sempre ordinata e pulita.
Giovane catechista
Pur non sapendo né leggere né scrivere, diventa piccola catechista. Un giorno, guardando il Crocifisso, sente una voce interiore che le dice: «Fatti coraggio e amami!».
Vorrebbe farsi suora; anche a causa del suo handicap non pensa a sposarsi, eppure, a 19 anni, celebra il matrimonio con Antonio, buon cristiano di modeste condizioni. Marito e padre esemplare, agli amici dice: «Mia moglie non è come le vostre, è una santa!».
Negli anni che seguono, nascono sette figli. Ella stessa preparerà i suoi figli alla Confessione e alla Comunione trasmettendo loro un grande amore a Gesù, con molta dolcezza, senza mai usare modi bruschi.
Dei sette figli, due sono morti in tenerissima età.
Nel gennaio 1825, Elisabetta resta vedova con cinque figli a carico: il più grande ha 17 anni, il più piccolo di appena tre.
Monaca nel mondo
La sua casa diventa quasi un piccolo oratorio, dove, oltre ai suoi familiari, si riuniscono in preghiera i vicini di casa. Ella vive come una monaca nel mondo e così è chiamata con rispetto: “sa monza”.
In questi anni, il vice parroco don Valle, le concede di emettere il voto di castità. La sua vita cristiana diventa davvero ardente. Gesù le chiede così di seguirlo più da vicino.
Elisabetta pensa di andare allora in Palestina ma una burrasca costringe la nave a fermarsi a Genova. Di là la decisione di dirigersi a Roma: «Anche Roma è terra Santa: ci sono le tombe degli Apostoli Pietro e Paolo, grandi santuari e poi c’è il Papa, Vicario di Gesù sulla terra. Più tardi, da là, se il Cielo vorrà, partiremo per la Palestina».
Elisabetta Sanna si sistema in un piccolissimo alloggio di due stanzette, di fronte alla chiesa di Santo Spirito, vicinissimo alla Basilica di San Pietro, proprio nel cuore della Cristianità.
Apostolato romano
Elisabetta conosce solo il dialetto e quindi non parla con nessuno. Solo con Dio nella preghiera e vive nella sua celletta, come un’eremita: nel suo pellegrinare per le chiese di Roma, assetata di preghiera, Elisabetta incontra, nella chiesa di Sant’Agostino, un santo prete romano, Don Vincenzo Pallotti, fondatore della Società dell’Apostolato Cattolico, canonizzato da San Giovanni XXIII nel gennaio 1963.
Elisabetta è compresa e rasserenata da Don Vincenzo, diventa terziaria francescana e fa donazione di tutto quanto possiede ai figli, lieta di vivere in perfetta povertà.
Alla scuola di San Vincenzo Pallotti, cresce ancor più la sua devozione alla Madonna e la sua stanzetta, davanti a San Pietro diventa un piccolo santuario mariano dove si riunisce la gente a pregare con lei.
La santa di San Pietro
Alla morte di don Pallotti, Elisabetta diventa la santa che conquista il cuore dei romani che la ribattezzano la “Santa di San Pietro”.
Tutto questo per 26 anni, cioè fino al 17 febbraio 1857, quando si spegne dolcemente nella “sua” soffitta, consumata dal suo male, dall’artrite avanzante e dalle tante penitenze. “Santa subito” per i romani, appena quattro mesi dopo la morte inizia il processo di canonizzazione, che però si arresta per quasi 160 anni, durante i quali sembra che il diavolo ci metta lo zampino con difficoltà che paiono insormontabili e che poi si appianano grazie al ritrovamento di documenti di un secolo prima, di cui si era persa memoria.
Poiché il tempo non riesce a spegnere l’interesse e la venerazione per Elisabetta Sanna, nel 2014 è riconosciuto l’esercizio eroico delle virtù ed è dichiarata Venerabile.
Il passo successivo è la beatificazione, celebrata a Codrongianos il 17 settembre 2016, dopo il riconoscimento di un miracolo avvenuto in Brasile, dove una donna, guarda caso, ha recuperato la piena funzionalità del braccio destro affetto da grave distrofia, proprio per intercessione della “piccola sarda, grande santa” dalle braccia paralizzate.