Intatto, come dormisse.
Colorito roseo, viso disteso e quasi sorridente, i suoi capelli ricci e arruffati, nessuna traccia di rigor mortis ma, al contrario, una visione che trasmette solo serenità. Beato. Immagine di Paradiso.
Perché Carlo Acutis è, oggi più che mai, semplicemente vivo!
“Dov’è o morte la tua vittoria?”, sembra dirci oggi Carlo morto di leucemia fulminante nel 2006 a soli 15 anni.
Una morte solo apparente.
La sua fama, anche grazie al web, si è diffusa nel mondo. Il 10 ottobre, nella sua Assisi, salirà all’onore degli altari, sarà beatificato, sarà il santo dei giovani, il santo di Internet, di Facebook, della grande rete.
Carlo gioca a pallone, fisicamente prestante ha una marea di amici, ogni giorno non manca alla Messa, alla recita del Rosario e all’adorazione eucaristica. Fa la Prima Comunione a sette anni (con un permesso speciale). La sua famiglia è più che benestante, lui non si scompone, né perde la sua umiltà, che è grandissima. Ha rispetto profondo e sincero per chiunque, però non rinuncia mai, confrontandosi con i suoi amici, a testimoniare la sua fede: «Non io, ma Dio», ripete spesso. E anche «tutti nascono come degli originali, ma molti muoiono come fotocopie».
Naviga spesso su Internet. Il suo mito digitale è Steve Jobs, gli piace molto una sua frase: «Il vostro tempo è limitato, non sprecatelo vivendo la vita di qualcun altro». All’inizio dell’ottobre 2006 s’ammala, diagnosi terribile: leucemia fulminante. Carlo Acutis muore il 12 dello stesso mese e lo aveva in qualche modo visto prima: «Morirò giovane», aveva detto. Gli stessi medici che lo curano sono stupiti dai suoi ultimi giorni e dal suo coraggio.
Oggi, sul web, due o tremila siti (in tutto il mondo) raccontano di lui.
Ad Assisi arrivano da tutta Italia, molti giovani, molti anziani. Si fermano qualche istante, guardano Carlo, pregano, qualcuno s’inginocchia, vanno via sorridendo. Carlo amava l’Eucaristia, «è la mia autostrada verso il Cielo, se le ci si accosta ogni giorno, si va dritti in Paradiso », spiegava. Amava gli altri, amava i poveri, lo ricorda l’arcivescovo, monsignor Domenico Sorrentino, nell’omelia.
Nella tomba, Carlo indossa jeans e felpa. Il Rosario intrecciato fra le mani…