Domenica 29esima del Tempo Ordinario – anno C (20 ottobre)
Letture: Es 17, 8-13; 2 Tm 3, 14-4, 2; Lc 18, 1-8
Nelle letture di questa domenica, ci sono tre elementi molto importanti per noi, cristiani. Il primo elemento è l’importanza della preghiera nella nostra vita, con tutte le domande che possono sorgere da questa affermazione: Dio ci ascolta veramente? Vale la pena chiedere a Dio ciò che desideriamo? Perché abbiamo tante volte l’impressione che non ci ascolti? E poi, c’è un secondo elemento, forse più sottile e più profondo, meno evidente da piegare: cosa significa il tempo per Dio e per noi? Cosa vuole dire Gesù quando dice che Dio risponde prontamente? Infine, il terzo elemento è ancora più difficile da discernere, perché Gesù afferma che Dio ci “farà giustizia prontamente”. Ma, molto spesso, abbiamo piuttosto l’impressione, e anche l’esperienza amara, che non c’è giustizia in questo mondo. Allora, cosa significa questo vangelo di oggi?
È vero che, per tanti, l’esperienza della preghiera comincia spesso con il desiderio di essere esauditi. Quando abbiamo fatto l’esperienza della nostra impotenza e della nostra incapacità, chiediamo a Dio di fare ciò che non abbiamo potuto fare da soli. Spesso, per noi, Dio viene in un secondo momento, quando non ce la facciamo più. In un certo senso, cominciamo a credere in Lui quando sperimentiamo la nostra fragilità. Ogni tanto riceviamo ciò che abbiamo chiesto, ma ogni tanto no. Allora cominciamo a dubitare. Vale la pena pregare se Dio non fa ciò che vogliamo? Tutto è completamente capovolto. Vogliamo fare di Dio il nostro servo, il servitore del nostro desiderio.
Meno male che il tempo viene in nostro aiuto. Difatti, il tempo di Dio non è il nostro. Se la risposta di Dio non corrisponde alla nostra attesa, forse vale la pena allora chiederci perché. Certo, per noi è più facile accusare Dio che non ascolta perché non esaudisce il nostro desiderio. Ma è forse anche il momento di chiederci se il nostro desiderio era veramente giusto! Difatti, facciamo tante volte l’esperienza che possiamo sbagliare, in buona fede! Il Signore ci offre il tempo per discernere, per chiarire, per capire meglio ciò che è buono per noi.
Il cosiddetto silenzio di Dio potrebbe allora essere una risposta, che non sappiamo accogliere!
Certo, tutti noi pensiamo che i nostri desideri, le nostre aspettative, sono buone e giuste. Tutti abbiamo l’impressione di sapere ciò che è buono e giusto per noi. Però, se guardiamo onestamente indietro, nella nostra piccola storia personale, vediamo che spesso siamo stati salvati malgrado noi stessi. E dobbiamo riconoscere che alcune cose che sembravano negative, all’inizio, ci hanno aiutati, alla fine. E invece, facciamo anche l’esperienza che il positivo può risultare un errore con il tempo. Per questo, si potrebbe dire che il cammino della preghiera cristiana è una via di liberazione interiore. Certo, è importante chiedere con tutto il cuore, ma più importante ancora ricevere con riconoscenza ciò che il Signore ci offre, anche se non capiamo sempre tutto. La vita è un dono, una grazia. Credere che Dio ci vuole bene e ci dà il meglio non è sempre facile, il Signore Gesù stesso ne fece l’esperienza dolorosa sulla croce! Però, alla sua preghiera, il Padre ha risposto con la risurrezione!
Dom Guillaume trappista, cappellano Monastero Cistercense Valserena (Pisa)
(www.valserena.it)