DOMENICA V TEMPO ORDINARIO – ANNO C (10 febbraio 2019) – Letture: Is 6, 1-2a.3-8; 1 Cor 15, 1-11; Lc 5, 1-11
È importante essere attenti al contesto per capire cosa vuole insegnarci il vangelo che abbiamo appena ascoltato. Da una parte, c’é la folla, una folla numerosa, venuta per ascoltare la parola di Gesù. E, dall’altra parte, ci sono i pescatori, tornati sulla riva dopo una notte di lavoro, senza prendere niente. Da una parte, c’é dunque la folla che ascolta Gesù, una folla certo affascinata, ma anonima, senza volto. Dall’altra parte, invece, nel retroscena, ci sono Simone e Andrea, Giacomo e Giovanni che lavano le reti. Hanno un nome e un volto. Sono persone concrete, stanche dopo una notte di lavoro. Certo, quando Gesù chiede loro di allontanare un po’ la barca perché “la folla faceva ressa attorno”, Simone e Andrea lo fanno volentieri.
Dopo una notte così difficile, la parola del maestro viene a distendere un po’ la mente e a cambiare i loro pensieri.
Questi quattro uomini, dei pescatori, dei professionisti, sanno cosa significa lavorare e guadagnarsi la vita per la loro famiglia. Non sono dei sognatori. Sono delle persone, come ne vediamo tante, intorno a noi, uomini e donne. Il peso del lavoro, le difficoltà del vivere, le ferite della vita hanno scolpito non solo il loro corpo, ma anche le loro anime. Vivono e lavorano duramente. E se ascoltano Gesù con piacere, possiamo anche immaginare che per loro, le cose serie sono piuttosto là, di fronte, in questo lago, dove i pesci, non ci sono stati!
Per questo, il dialogo tra Gesù e Simone prende un rilievo particolare. Quando questo giovane Rabbi pretende di insegnare a Simone il suo mestiere, Simone risponde con una certa simpatia, ma forse, almeno all’inizio, con una certa ironia. E se usa la parola “Maestro”, non è tanto un segno di rispetto, ma piuttosto un modo rispettoso di ricordare a Gesù che parole e atti sono due cose diverse. Il racconto di Luca non ci dice niente sull’atteggiamento dei due protagonisti, ma possiamo immaginare facilmente lo sguardo di Gesù su Simone, e la difficoltà di Simone a credere alle sue parole, dopo una notte di lavoro inutile.
Così, si capisce che il primo miracolo è che Simone abbia accettato di ritornare nel lago, forse sotto lo sguardo un po’ ironico dei suoi compagni. E non si dice se Andrea era d’accordo. Ed è perché Simon Pietro ha accettato di tentare, e forse anche accettato di essere ridicolo agli occhi degli altri, che tutto diventa allora possibile. Di fronte alla marea di pesci, Simon Pietro non sa più cosa fare. Chiama i suoi compagni che non capiscono più niente. E il secondo miracolo viene a trasformare Simone, il pescatore fiero e forte, in Pietro il peccatore che si getta ai piedi di Gesù.
Ma ormai non lo chiama più “maestro”, ma “Signore”.
Spesso, anche a noi, Gesù chiede di tornare indietro, di fare mille passi in più, di ricominciare una volta in più. Ma spesso troviamo tanti motivi per non farlo, per rifiutare, per fermarci. Tanto spesso, siamo noi che impediamo Gesù di fare miracoli nella nostra vita, perché abbiamo deciso di porgli dei limiti, di non andare oltre, di non sopportare aldilà di ciò che pensiamo ragionevole e giusto.
Invece di seguire Pietro, rimaniamo sulla riva, incapaci di accogliere il Signore nella nostra vita!
Dom Guillaume trappista, cappellano Monastero Cistercense Valserena
(www.valserena.it)