Per fra Lorenzo da Sardara è iniziato il tempo della raccolta.
Perché non è operazione semplice trovare, in alcuni casi scovare, mettere ordine, catalogare ottant’anni di vita religiosa con addosso il saio marrone dei francescani, cucito quasi come una seconda pelle.
La sua morte non ha colto nessuno alla sprovvista quel 16 dicembre 2016, quando in tutte le chiese si accendevano le luci per l’inizio della Novena di Natale: perché, per fra Lorenzo, si accendevano quelle del Presepe nella Betlemme celeste.
Scritti inediti
La “sua” famiglia religiosa, i Cappuccini di Sardegna, «ancora grati per il dono di questo confratello» – scrive padre Giovanni Atzori, Ministro Provinciale dell’Ordine – hanno dapprima istituito un Archivio Fra Lorenzo quindi dato alle stampe il primo di una serie di Quaderni di scritti inediti di questo umile figlio di San Francesco.
«Scopo dell’opera», scrive ancora padre Atzori «è quello di offrire a un pubblico sempre più vasto la possibilità di conoscere la personalità e la spiritualità di fra Lorenzo a partire dalle sue stesse parole».
La scelta
“Uomo e religioso straordinario nell’ordinario”: non è casuale che il primo Quaderno si apra scavando nella «esperienza eremitica» di fra Lorenzo. Non un «capriccio ambientalista o l’originale fuga dalla realtà quotidiana» ma è l’evangelico ritirarsi in luoghi appartati – come Gesù nei vangeli – per unirsi più intimamente al Padre o, per stare alla regola francescana, «trascorrere quaresime presso boschi inviolati per riuscire a parlare più liberamente con l’Amato».
Nessun capriccio o stravaganze spirituali.
L’eremo personale
Confessa fra Lorenzo: «San Francesco amava ritirarsi tre-quattro mesi all’anno nelle grotte e nei boschi dell’Umbria, proprio per ritrovare se stesso e ridare vigore e nuovo slancio alla sua missione pastorale. Una metodologia che, pian piano, i cappuccini avevano abbandonato riducendola a pochi giorni all’anno di ritiro o di esercizi spirituali. È stato il Concilio Vaticano II a ridare smalto a quest’originaria intuizione del nostro Padre fondatore. E io ne ho subito approfittato chiedendo ai miei superiori di andare per i monti alla ricerca del mio eremo personale».
Monte Arcuentu
Dopo alcuni sondaggi fra le montagne dell’isola, il religioso scopre Monte Arcuentu – siamo nei monti fra Arbus e Villacidro – dove sente di aver trovato il punto più vicino fra la sua povera condizione umana e il Creatore. Chiede al suo Superiore di poter vivere – una volta all’anno per un mese – questa sorta di esodo biblico verso la sua sacra montagna. Per venticinque anni – fino a quando le sue condizioni fisiche glielo permetteranno e gli uomini non trasformeranno quello scrigno segreto in un’attrazione turistica – fra Lorenzo lascerà convento e presepio per salire ad Arcuentu e lì vivere come un naufrago in un’isola
deserta.
Il pasto condiviso
La sua sola compagnia saranno l’Eucaristia – conservata in piccolo tronco scavato all’interno – e la Natura. «Quel monte raramente veniva visitato», scrive fra Lorenzo, «per cui gli animaletti che vi si trovavano non conoscevano l’uomo e di conseguenza non lo temevano. Così una famigliola di pettirossi mi veniva persino sulla barba per togliermi dalle labbra briciole di pane da portare ai piccoli… o una lucertola, quando sentiva il rumore del piatto, mi mordeva delicatamente la punta del dito e poi veniva sopra la mano per mangiarsi un pezzetto di pomodoro».
Fiori e piante officinali
Quando non potrà più “sparire” ad Arcuentu eccolo allora crearsi un piccolo eremo nel giardino del convento di Cagliari. Nasce il giardino di fra Lorenzo: si arriverà a contare fino a cinquanta specie di erbe aromatiche, piante officinali o particolari innesti di rose dai risultati stupefacenti. Particolarmente rinomata sarà una gradevolissima insalata di fiori e erbe, riservata a pochi intimi. Ma cuore di questo eremo urbano sarà ancora una volta la “grotta”: un muro rustico alto appena due metri e le pareti di terriccio ricoperte con tavole e polistirolo espanso.
Tanto bastava.
Paolo Matta