Ci lasciamo ingannare dai discorsi dei media e non sviluppiamo l’intelligenza della fede.
10ma Domenica Tempo Ordinario – Anno B (10 giugno 2018) – Letture: Gn 3,9-15; 2 Cor 4,13-5,1; Mc 3,20-35
Per valutare veramente una situazione e capire gli eventi che succedono nella nostra vita, abbiamo bisogno di una certa qualità di sguardo che non è così comune. Gesù stesso ha sofferto, durante il suo ministero, di questi sguardi traviati che interpretavano male ciò che diceva e non erano capaci di apprezzare ciò che faceva. E non solo da parte degli scribi, ma soprattutto anche da parte di alcuni membri della sua famiglia, tra i suoi vicini. Questa incapacità di valutare la realtà, la ritroviamo anche oggi, in tanti momenti importanti della nostra vita. Ci manca spesso un discernimento chiaro su ciò che si dovrebbe pensare. Ci lasciamo ingannare dai discorsi dei media o dalla maggioranza. Non sviluppiamo questa intelligenza della fede che permette di vedere aldilà del superficiale.
Per questo motivo, i testi della liturgia di questa domenica sono molto importanti per noi, perché ci aiutano a discernere ciò che è veramente importante, lasciando da parte ciò che fa parte della moda del momento presente che passa e svanisce come l’erba dei campi. La Chiesa, sin dagli inizi, ha sempre voluto insegnare ai fedeli a pensare in modo giusto, senza lasciarsi condizionare dalla maggioranza o dall’eloquenza di alcuni. Riflettere in modo giusto suppone, secondo i diversi testi che abbiamo appena ascoltati, alcune regole fondamentali.
La prima di tutte queste regole, è la consapevolezza della nostra realtà. Da dove veniamo, dove andiamo, chi siamo. Il brano della Genesi ci ricorda chiaramente che grande rimane per ognuno di noi la tentazione di nasconderci dietro tanti falsi ragionamenti, dietro tante false accuse contro gli altri, per non vedere chi siamo veramente! La nostra povera fragilità è il primo elemento fondamentale: possiamo sbagliare. Non riconoscerlo e non confessarlo ci porterebbe a sprofondare sempre di più nel nulla della nostra pretesa a avere sempre ragione. La vanità e la superbia ci minacciano da sempre.
Per questo motivo, l’Apostolo Paolo ci raccomanda di cambiare di prospettiva. È la seconda regola. Non fondare la nostra esistenza sulle apparenze, ma su ciò che dura in eterno, cioè sull’amore di Dio per noi. L’amore non si vede, non fa parte delle cose visibili che spesso prendono il primo posto nella nostra esistenza. Ma l’amore, anche se è invisibile, è pero l’unica cosa che attraversa il tempo e ci radica nell’eternità. La nostra vocazione cristiana è proprio di sperimentare e di manifestare questa realtà dell’amore che vince ogni limite, ogni paura e ogni tribolazione.
Lo Spirito Santo, lo Spirito che unisce il Padre e il Figlio è proprio l’unico legame che può affrontare il tempo che passa, rafforzando ciò che ci unisce. I sentimenti passano, ma la forza dell’amore continua invece a crescere se è radicata in Dio. E questo vale non solo per gli sposi, ma anche per tutti quelli che accettano di seguire Cristo. Chi sceglie di amare dovrà affrontare le tempeste e le notti della vita. Ma non sarà mai da solo, perché, nel profondo del suo cuore, Dio ha mandato il Suo Santo Spirito, che consente di sperare aldilà di ogni speranza!
Dom Guillaume trappista, cappellano Monastero Cistercense Valserena
(www.valserena.it)