Hanno risposto in più di mille al battesimo dell’antica tradizione cittadina, interrotta da oltre quarant’anni. Nonostante una serata gelida e piovosa, dietro la grande croce una folla enorme che, fin quasi alla mezzanotte, ha seguito le tradizionali 14 soste della Via dolorosa di Gesù al Calvario.
Sono murate, da quasi un secolo, sulle facciate delle chiese e di alcuni palazzi del centro storico di Cagliari. Ma in pochi se ne sono accorti.
Le quattordici stazioni dell’antica Via Crucis Kalaritana da Stampace a Castello, da Marina a Villanova, compongono una “Via dolorosa” che, così come avviene a Gerusalemme, si snoda per le strade, i vicoli, le salite degli antichi quartieri di Cagliari.
Solo l’occhio del visitatore più attento può scorgere le formelle in ghisa o ferro che vanno a comporre questo inedito, irripetibile cammino di fede e di arte per le antiche contrade della vecchia Cagliari.
Si deve all’indimendicato monsignor Ernesto Maria Piovella – arcivescovo a Cagliari dal 1920 al 1949 – particolarmente devoto della pia pratica della “Via crucis”, l’installazione delle stazioni lungo un itinerario che, nonostante la furia devastatrice della guerra, è arrivato pressoché intatto fino a noi.
Nelle sue intenzioni, sicuramente quella di onorare e celebrare in quel 1933 il diciannovesimo centenario della Morte di Gesù e così impreziosire a Cagliari il Giubileo Straordinario indetto, per la circostanza, da Papa Pio XI.
I bombardamenti del 1943, nella loro furia devastatrice, non riuscirono però a cancellare quest’opera sacra. Solo due le stazioni che scomparvero assieme agli edifici nei quali erano state collocate: la Terza («Gesù cade la prima volta»), in facciata della chiesa di San Domenico a Villanova, e l’Undicesima («Gesù viene crocifisso»), letteralmente sbriciolata assieme a cupole e cappelle della parrocchiale stampacina di Sant’Anna.
Ma, mentre quest’ultima, sebbene con una linea diversa da quella andata perduta, è stata ricostruita e ripristinata (è visibile proprio all’inizio della Via Sant’Efisio, sulla sinistra, in alto, sulla facciata del palazzotto ad angolo con la Via Azuni), attorno a quella di San Domenico resiste una sorta di giallo, in quanto – ricostruita e sistemata nel prospetto di una palazzina di fronte la chiesa – scomparve misteriosamente vent’anni dopo e da allora se ne sono perse le tracce.
L’antica Via crucis Kalaritana ha inizio e conclusione nella chiesa di San Salvatore da Horta dei frati Minori che i cagliaritani chiamano e conoscono come chiesa di Santa Rosalia.
Si snoda secondo un percorso che attraversa le principali strade del centro cittadino, con delle soste nei luoghi che hanno scritto la storia cristiana della Città capoluogo.
Ha scritto Adriano Vargiu nel suo libro “Via Crucis cagliaritana”: «Queste stazioni appartengono a una città che sta perdendo – ha perso! – la propria memoria storica».
Stazioni, infatti, che, verniciate e inquinate dai fumi di scarico quando non devastate dall’opera di vandali, sono tornate alla loro originaria bellezza e carica emotiva grazie all’opera di Merisalvo Acciaro, artigiano per hobby, cagliaritano verace, ma soprattutto innamorato della storia e della cultura del capoluogo.
Aver resuscitato questa antica Via Crucis è opera meritoria solo da un punto di vista ecclesiale e devozionale, ma è anche una straordinaria operazione culturale e di valorizzazione del patrimonio storico-artistico di Cagliari, proponendosi autorevolmente come cammino di fede e di storia, vero pellegrinaggio urbano fra chiese, monumenti e scorci panoramici di grande suggestione e bellezza.
Paolo Matta