Gesù non ha nessuna pretesa, se non di renderci felici e di liberarci dalla schiavitù del male e della morte
I domenica di Quaresima – Anno B (18 febbraio 2018) Letture: Gn 9, 8-15; 1 Pt 3, 18-22; Mc 1, 12-15
“Lo Spirito sospinse Gesù nel deserto, e nel deserto rimase quaranta giorni”.
E questo successe, nel vangelo di Marco, subito dopo che Gesù ebbe sentito la voce del Padre: “Tu sei il Figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento”!
Ma invece di Matteo e di Luca che sviluppano soprattutto le tentazioni di Gesù e il suo combattimento contro Satana, Marco si accontenta di notare che Gesù fu “tentato da Satana”. Per lui sembra che la cosa più importante sia il fatto che Gesù vada nel deserto. Difatti, la parola torna due volte nella stessa frase. Questa insistenza di Marco significa certamente qualcosa per noi. Difatti, nel racconto delle tentazioni degli altri evangelisti, Gesù è confrontato con la fame, il desiderio di riconoscenza e di potenza. Ma nel vangelo di Marco, è solo il luogo, il deserto, che esprime ciò che Gesù ha vissuto.
Nelle Scritture, il deserto ha un senso ambiguo. Da una parte, il deserto è il luogo della morte, che si deve attraversare prima di giungere alla terra promessa, “dove scorrono latte e miele” (Es 3,17), o anche il luogo dove il capro espiatorio è cacciato portando tutti i peccati del popolo (Lev 16,10). Il deserto è dunque un luogo dove regnano la morte e il peccato. Ma, dall’altra parte, il deserto è il luogo dove si trova il monte Sinai, dove Dio conclude l’alleanza con il suo popolo, e dove Dio riconduce il suo popolo, per rinnovarla quando il popolo ha dimenticato la sua vocazione. In questo senso, il deserto è il luogo dell’incontro e dell’intimità con Dio.
Questa ambiguità biblica del deserto, la ritroviamo nel racconto di Marco. Il deserto è, nello stesso tempo, il luogo dove lo Spirito-Santo conduce Gesù, ma è anche il luogo della tentazione e del combattimento contro Satana. Gesù ci stava “con le bestie selvatiche”, ma “gli angeli lo servivano”. In queste due frasi del vangelo di Marco si trovano così sintetizzate tutte le Scritture. Con Gesù, tutta la storia della salvezza è ripresa da capo, nel deserto. Dopo l’acqua del battesimo, che ricorda la traversata del Mar Rosso, Gesù torna nel deserto per rinnovare l’alleanza e proclamare il regno di Dio, che non è più un regno terreno, ma il regno dei cieli.
Dietro le espressioni usate da Marco nel suo vangelo, c’è dunque un modo nuovo di leggere la storia della salvezza. Lo scopo non è più conquistare la terra di Canaan, ma conquistare un altro continente, molto più misterioso. Questo luogo è il cuore dell’uomo che deve diventare il regno di Dio, il tempio dello Spirito-Santo, il luogo del suo riposo. Gesù non desidera conquistare un potere terreno. Non vuole assoggettare dei popoli e annientare i suoi nemici, ma desidera conquistare il nostro cuore. Egli viene e bussa alla porta perché lo lasciamo entrare e dimorare in noi. Non ha nessuna pretesa, se non di renderci felici e di liberarci dalla schiavitù del male e della morte. Il suo unico scopo è fare di ognuno di noi un suo fratello, un suo amico, un suo compagno. E le armi che usa per conquistare il nostro cuore non sono le bombe e il terrore, ma l’amore e la misericordia. Il deserto non è più per noi un luogo di morte e di solitudine, ma è diventato, con Gesù, il luogo dell’alleanza e dell’incontro con Dio. Il luogo dove il Signore stesso ci aspetta.
Dom Guillaume trappista, cappellano Monastero Cistercense Valserena
(www.valserena.it)