«Ieri è stato fatto un passo in più dentro l’abisso. Perché attaccare un luogo di culto e un suo ministro che sta celebrando messa, un ministro di pace, è una vigliaccheria che fa sprofondare nel nulla».
Sono parole, a caldo, del cardinale francese Jean-Louis Tauran, presidente del Pontificio consiglio per il dialogo interreligioso, una sorta di ambasciatore personale di Papa Francesco, dopo la barbara uccisione di Padre Jacques Hamel in una piccola parrocchia della Normandia .
«Siamo davanti al nulla e portare tutto sul piano religioso non ha alcun senso. Coloro che commettono attentati si autodefiniscono soldati, ma mi domando: che tipo di soldati sono? Non c’è risposta. Contro di loro occorre soltanto che noi credenti, tutti i credenti, torniamo a comportarci secondo quanto le religioni davvero insegnano. E la base di ogni insegnamento non è altro che l’ amore, la convivenza fra diversi, la fratellanza. Siamo condannati al dialogo».
In un suo editoriale, Andrea Riccardi sottolinea proprio come l’apertura sia caratteristica genetica della Chiesa. Che è «spazio del gratuito e dell’umano in una società competitiva dove tutto ha un prezzo. Ma soprattutto uno spazio aperto. La porta aperta delle nostre chiese – quella attraverso cui sono entrati gli assassini di padre Hamel – contrasta con il moltiplicarsi di cancelli e di muri, frutto della paura. In chiesa entrano tutti: i poveri, i bisognosi, i cercatori di senso, chi domanda una parola o un gesto di amicizia.
In quella chiesa, come in molte altre in Francia e in Europa, è nascosto il segreto di un mondo che non crede ai muri e non cede alla violenza».
«Gesù è venuto per farsi vulnerabile», aveva detto padre Jacques nel suo ultimo Natale.