Una delle sintesi più efficaci della Festa di Sant’Efisio la dobbiamo non a uno stampacino o a un castellano ma a quella arguta, brillante penna di Fernando Pilia, ogliastrino purissimo ma divenuto cagliaritano per trapianto genetico e innesto culturale.
Pilia conia per l’evento di Maggio la definizione di sfilata processionale, binomio che riesce magistralmente a coniugare l’aspetto folklorico con quello religioso di quella che non esita a definire «la sagra più bella d’Europa, un’epopea popolare che esplode nel luminoso Calendimaggio in un quadro di fiabesca sacralità religiosa».
Cagliari gli ha dedicato una piccola piazza al Buoncammino, sulla terra benedetta del Colle dei santi, come amava definirlo Francesco Alziator, altro inarrivato cantore di Cagliari, alludendo ai poveri piedi scalzi di Ignazio da Laconi o di Nicola da Gesturi che da questa altura terrena si sono elevati alle altezze celesti.
Da questo slargo si domina, soprattutto in quella magiche mattinate maestraline che solo a Cagliari si possono godere in tutta la loro limpidezza, uno scorcio quasi commovente, per colori, orizzonti, naturalità.
Poco sotto a valle il rione di Stampace, gli alti, eleganti campanili in barocco piemontese di Sant’Anna, ma soprattutto il modesto cupolino di Sant’Efisio con la sua aggraziata facciata incastonata in quel piccolo gioiello che è la piazzetta stampacina.
Un luminoso arco oggi lega le due piccole piazze, quella del Santo guerriero, protettori poderosu e quella di uno dei suoi più raffinati cantori.
La prossima edizione della Festa, rotonda per i suoi 360 anni, conoscerà un ulteriore valore aggiunto nella riscoperta e rilettura dei testi efisiani di Fernando Pilia, targa immateriale della cultura cagliaritana e del suo patrimonio identitario, ancora così lontano – nonostante questi grandi profeti – da una sua degna valorizzazione. A cominciare dalla nostra terra.
Paolo Matta