“SU NENNIRI” DOPO QUARANTA GIORNI DI BUIO FINALMENTE È SBOCCIATO: BUONA PASQUA !!!

Le Palme, il Sacro Crisma, la Croce, il Cero pasquale: sono i segni forti del Triduo pasquale, che culmina con il canto dell’Alleluia al suono delle campane, finalmente sciolte dopo il lungo silenzio quaresimale.
Per i sardi ce n’è uno, preso in prestito dal mondo agricolo al quale, pure, la celebrazione della Pasqua cristiana è fortemente legata.
Tutto inizia alla sera del Mercoledì delle Ceneri, primo giorno di Quaresima.
In un piatto, sotto alcuni batuffoli di cotone umido, vengono sepolti e deposti a maturare pochi chicchi di grano e cereali.
Resteranno al buio per quaranta giorni.
Quindi, al Giovedì santo, gli esili e pallidi fili d’erba vengono raccolti e chiusi da nastri colorati e ornati con i fiori di campo della primavera ormai iniziata: è su nenniri.
Negli altari della Reposizione (impropriamente, dalla cultura popolana, battezzati i sepolcri) sarà l’ornamento principale con il suo fortissimo carico simbolico, di quel “chicco di grado che se non muore non produce frutto“, immagine del Mistero centrale della nostra fede, mistero di morte e Resurrezione di Gesù.
Il messaggio augurale che ne scaturisce è immediato, consolante, profetico: il buio, la caduta, il sepolcro sono passaggio obbligato, ma non perpetuo, verso la vita, la luce, la gioia senza fine.
Molto più delle opere di tanti dotti e sapienti teologi, è quello che ogni anno, nella loro semplicità, povertà, essenzialità e debolezza quei pallidi steli ci insegnano, ricordano, ammoniscono, consolano.
L’omelia di Pasqua de su nenniri della nostra antica tradizione popolare.

Paolo Matta

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