Da quel mare mostrum che è diventato il Mediterraneo centro-orientale arrivano anche segni di vita e di speranza. In quello scambio di pace fra un soccorritore e quel piccolissimo migrante c’è più della semplice solidarietà, vicinanza, accoglienza.
Quel “cinque”, spontaneo e gioioso, è diventato in un attimo virale messaggio di pace e fratellanza che vale più di mille discorsi, proclami, dichiarazioni d’intenti, accordi per il cessate il fuoco. Quella foto – così come quella, tragica e devastante, del piccolo Aylan, di quel corpicino rigido e livido sulla spiaggia, sua ultima dimora – è oggi una pagina di vangelo, di lieto annuncio che le Beatitudini non sono un decalogo inarrivabile, quasi surreale, ma regola di vita per tanti uomini e donne di buona volontà.
Quello scatto parla, senza bisogno di didascalie, di un mondo nuovo che si può costruire se affondiamo i suoi pilastri nel cemento armato della fratellanza universale, del rispetto e dell’accoglienza di tutte le persone., della giustizia sociale, della libertà e dell’uguaglianza. Come Papa Francesco non si stanza di ripetere in ogni dove.
Alcuni frequentatori del sito non hanno nascosto la loro indignazione per la scelta di pubblicare la foto del piccolo Aylan. Sono arrivate accuse di strumentalizzazione dei piccoli (?), di cinismo giornalistico, di un uso disinvolto (per usare un eufemismo) di immagini di tale crudezza.
Di fronte a diverse scelte, se imbarcarci in discussioni che facilmente trascendono e accendere dibattiti spesso isterici e uterini, abbiamo adottato quella dell’ascolto di tutti e del silenzio.
Bastava, coma parola e come risposta, il piccolo Aylan.
Così come oggi il piccolo, anonimo fratellino cinque con la sua magica, contagiosa, allegra voglia di vivere.
A dispetto di tutti i benpensanti e farisei del Terzo Millennio.
Paolo Matta